Come tutti grandi film “The Prestige” inizia dalla fine. Sembra una dichiarazione d’intenti precisa che vuole già rivelare l’epilogo ed il senso della storia che sta per essere raccontata, ma non è assolutamente così: è solo il primo dei tanti inganni che Christopher Nolan perpetra ai danni dello spettatore, ovviamente con la sua totale complicità.
Il regista ha dato alla struttura dell’opera la forma che più gli piace perchè già con “Memento” si dilettava a sconcertare grazie ai meccanismi di montaggio, a sdoppiare le scene caricandole di potere polisemico. Ed anche in questo ultimo lavoro viene sprigionata la capacità spiazzante del “doppio” messa in atto con particolare talento nel posizionamento delle scene. Nonostante i piani narrativi della pellicola siano materiale difficile da gestire Nolan li tiene saldamente fino a renderli lo spirito lineare della narrazione. Il finale stesso si sdoppia quando viene ripresentato nella sua interezza diventando finalmente la conclusione. Il numero due non è solo la patina simbolica che assegna ai personaggi continui impeti schizofrenici, ma ha forte corrispondenza nel racconto. È la seconda visione (“are you watching closely?”, la tagline della locandina) di una scena che completa effettivamente la sua comprensione, solo nella riproposizione dell’istante c’è la soluzione di un mistero. Tutta la durata del film ricorre alla forma del flashback che, da sparuto espediente, viene nobilitato a perno drammatico di tutta l’azione: gli eventi sono soppesati sulla bilancia del ritmo con un criterio rigorosissimo, ma mirano ad imitare l’affastellarsi sregolato della reminescenza. Non si cada nella trappola che pone sullo stesso piano l’illusionismo ed il cinema perchè Nolan definisce, per bocca dei suoi personaggi, lo spettacolo dei maghi come una rappresentazione volta ad occultare il trucco perchè mostrarlo significherebbe ‘smagare’ ciò a cui si voleva credere incondizionatamente.
Il cinema invece deve confessare esplicitamente il trucco modulandolo secondo dosi tutte particolari che fanno cadere l’attenzione sul disvelamento più che sull’inganno stesso. Il grande prodigio di un mago, per quanto spettacolare esso sia, non sarà mai sincero fino in fondo perchè deve sottintendere una soluzione più volgare dell’aspetto meraviglioso che sfoggia esteriormente. Le immagini sullo schermo si attivano, per contro, grazie alla loro capacità di essere onestamente un trucco calibrato. Nella scena finale in cui Bale riappare alla figlia, il trucco ha bisogno di essere sprigionato per far partecipare lo spettatore allo stupore che per tutto il film è stato man mano accumulato. Quando si apprende il trucco cinematografico architettato la “magia” non si dissipa, ma solo in quel momento inizia a pulsare nella sua interezza.
In “The Prestige” sdoppiare i personaggi non significa porli in precisi scomparti, divisi tra loro in modo che vengano interpretati come caratteri inequivocabilmente differenti. “I Duellanti” sono a distanze siderali, nel film di Scott era Keitel ad essere il contraltare malsano del duo in perenne sfida; qui Jackman e Bale non sono due simboli morali opposti dal momento che la soglia tra bene e male viene completamente abrogata fin dall’inizio. Quel che troneggia è la voglia di ottenere ad ogni costo la supremazia cercando di superare l’altro superando, quindi, se stessi. Può dirsi il personaggio di Bale un buono? A conti fatti uccide ben tre persone tra la moglie del suo rivale, il suo rivale e, indirettamente, il suo doppio: è per un proprio errore che Fellon morirà, ma è ad ogni modo nato come una produzione inaspettata di un esperimento per l’ennesimo trucco. L’impiccagione di Fellon prima che per sua colpa, può avvenire esclusivamente in virtù di quel rapporto pregresso (e oscuro) che c’è stato tra Borden e Tesla. Se TeslaBowie dice, a proposito della scienza, che “non si può mai prevedere come funziona” sembra più un esplicito rimando all’animo umano. C’è chi, dinanzi al proprio doppio, lo accetta come fosse un fratello e gli concede tutta la dignità del caso, gli riconosce la sua autonomia. Ma nello stesso tempo Nolan ci mostra che un essere umano non reagisce come mai ci si aspetta, non è una scienza esatta proprio come Tesla dice della scienza stessa. Jackman prima non vuole uccidere neanche una colomba e poi si ritrova a sopprimere la proliferazione di sé innumerevoli volte; allo spettacolo di sé stesso inorridisce.
Infine, Bale non è il più buono, ma quello dotato di un po’ d’amor proprio.
Il cinema di Nonan è un affidarsi continuo agli strumenti di giustapposizione d’immagini che possono già significare, pur apparendo in dosi istantanee. Chissà cosa accadrà quando il regista londinese si darà ai film drammatici laddove i personaggi non richiedono il loro spessore solo all’intreccio e agli eventi, ma hanno bisogno dell’espressione indispensabile della parola. Chissà quale sarà allora il suo prestigio.
EXTRA http://movies.about.com/od/theprestige/a/prestigcn101606.htm
Autore: Roberto Urbani