I Phinx sono un rock band formata da quattro giovani ragazzi italiani, di Bassano del Grappa (Vicenza), e dopo un demo intitolato Bunker (2007) esordiscono ora con un album vero e proprio contenente 14 brani, tutti cantati in inglese e confezionati molto bene in un package moderno, che ben rappresenta – anche nell’immagine di copertina – la propensione digitale e sintetica della band.
Musica electro la loro, con forte contributo dei sintetizzatori, musica ispirata dagli anni 80 – dalla wave ai Pet Shop Boys… – persino dal punk melodico del decennio successivo (specialmente nello stile vocale del cantante), dal power rock europeo e notevoli affinità con i Placebo, i Gorillaz e i Motel Connection, per un lavoro che parla ai coetanei, con ritmi sparati – che però finiscono per appiattire il lavoro… – ritornelli gridati a piena voce, voci spesso filtrate e pesanti iniezioni dance.
Sicuramente Francesco Fabris (voce, chitarra, tastiera), Alberto Paolini (batteria), Pietro Secco (basso, sintetizzatore) e Daniele Fabris (tastiere, sintetizzatore) potranno anche proporsi all’estero, con quest’album che mostra perizia e passione, e un’indubbia capacità di scrivere ritornelli – ‘Mask’ è un brano che dimostra doti indubbie – e narrare la realtà 2.0, ma che finisce tuttavia per segnare un solco generazionale tra chi è prevenuto verso questa deriva moderna del rock e chi, nella spasmodica ricerca di modernità a tutti i costi, lo ascolterà ossessivamente per un po’ per poi magari dimenticarlo.
Concludiamo scrivendo che pur non essendo ancora particolarmente capaci di distinguersi, i Phinx meritano attenzione, nella speranza che non rovinino tutto facendo scelte comode che ne sviliscano i contenuti.
Autore: Fausto Turi