Quando uscì “Mainstream” nel 2015, a tre anni dall’esordio discografico del 2012 “Forse”, con un titolo profetico, Calcutta divenne un fenomeno di massa, spartiacque per un cantautorato italiano diviso tra il mainstream (appunto) e l’underground.
Va subito precisato che, terminata l’era dei grandi nomi che hanno costellato la canzone d’autore italiana, rappresentando nell’ambito (pop)ular probabilmente la massima espressione in musica per identità e originalità della nostra penisola (rea spesso di un’eccessiva esterofilia ed emulazione per quanto concerne gli altri ambiti musicali), gli anni a cavallo dei due millenni sono stati fucina di innumerevoli ottimi dischi di genere, purtroppo non sempre noti ai più.
Per citarne solo alcuni del nuovo millennio, basti pensare a Cesare Basile con “Closet Meraviglia” (del 2001), ai Bandabardò con “Bondo! Bondo!” (del 2002), a Paolo Benvegnù con “Piccoli Fragilissimi Film” (del 2004), ai Têtes de Bois con “Pace e Male” (del 2004), a Dente con “Non c’è Due Senza Te” (del 2007), a Brunori Sas con “Volume 2 – Poveri Cristi” (del 2011), a Umberto Maria Giardini con “La Dieta dell’Imperatrice” (del 2012), ad Alessandro Fiori con “Questo Dolce Museo” (del 2012), ai Nobraino con “Disco d’Oro” del 2012, ai I Cani con “Aurora” (del 2016); fino a Flavio Giurato che nel 2007, dopo vent’anni di silenzio, pubblica il bel “Il Manuale del Cantautore”.
Anche Colapesce, in tempi non sospetti, prima di essere illuminato dalle luci della ribalta di Sanremo, aveva dato alle stampe l’ottimo “Egomostro” (del 2015).
E così Calcutta (al secolo Edoardo D’Erme), otto anni fa, con il citato “Mainstream”, mise al contempo d’accordo e contro tutti, confezionando una serie di canzoni tanto orecchiabili quanto vestite di un abito “alternativo”, realizzando probabilmente il sogno di tanti musicisti italiani “impegnati” ma con “nel cassetto” l’aspirazione di arrivare a un pubblico più vasto.
E a ben ascoltare in “Mainstream” si alternavano brani di immediata fruizione (e dall’indiscutibile appeal) come “Gaetano”, “Cosa Mi Manchi a Fare” o “Frosinone” a brani più ostici come “Dal Verme” (con Mai Mai Mai). Poi nel 2018 è la volta dell’album “Evergreen“, realizzato con il supporto di Dardust e Luca Carboni, e grazie a questo terzo lavoro dove spiccano i singoli “Orgasmo” e “Pesto”, conferma il suo ruolo di “cantautore italiano di questo ventennio”.
Ma fu vera gloria? “Ai posteri l’ardua sentenza”; sentenza che, a parere di chi scrive, non è di ardua stesura, preferendo lo scrivente senza alcun tentennamento tanti altri ben più meritori artisti italiani (su ne ho stilato una parziale lista) a Calcutta.
Resta il fatto che al momento “Relax”, da quando appreso sui canali di informazione on line, non ha lesinato ascolti sulle piattaforme liquide, raggiungendo addirittura quinto album più ascoltato nel mondo su Spotify dal giorno della sua pubblicazione.
E dunque, con “Realx” (Bomba Dischi/Sony Music, disponibile in due versioni vinile – Vinile Nero 180 gr. e Vinile Bianco 180 gr. con cover alternativa con distribuzione anche in Francia), che vede la collaborazione di Giorgio Poi, Davide Petrella, Andrea Suriani e dei francofoni Myd e Laurent Brancowitz, il solco tracciato con “Mainstream” si fa più “pulito”; se poi da un lato la scrittura (dato il successo ottenuto) appare più complessa e più raffinata (nella produzione), come condensato nel brano di apertura “Coro”, in cui il formato canzone si fonde a un “coro” da Alpini, l’intero disco manca di picchi (presenti invece in “Mainstream”), collocandosi in una rassicurante linea mediana … ma senza “virtus”.
E così, se “Giro con te” segue direttrici più tradizionali, “Controtempo” vira verso un elttropop di tendenza; formula ribadita con “2minuti”.
“Tutti”, con la sua pacatezza, evoca il Calcutta più “riflessivo” di un tempo per immolarsi nel finale aperto e retrò.
“Intermezzo3” è il terzo atto delle digressioni tipiche dei lavori di Calcutta (“intermezzo2” e “Intermezzo1” presenti su “Mainstream”).
“SSD” unisce la componente “acustica” alle “elettrificazioni”, rappresentando un altro “classico” di Calcutta.
“Loneliness”, con il suo mood dance(reccio), contrappone testo a musica, mentre “Ghiaccioli” è da radiofonico “passaggio”.
“Preoccuparmi”, con il suo cadenzare e la sua impostazione nel cantato, è a tratti il tuffo di un “moderno” in un mondo musicale della seconda metà del secolo scorso.
Chiude il disco “Allegria”, brano potenzialmente interessante, ma incompiuto.
Ultima considerazione per i testi … che hanno decisamente tradito le aspettative.
Il “ragazzo di Latina”, accompagnato da una band formata da Francesca Palamidessi (cori chitarra e tastiere), Alberto Paone (batteria), Giovanni De Sanctis (basso, basso synth e cori), Frankie Bellani (tastiere, sintetizzatori, cori), Paolo Carlini (chitarre) e Gaetano Scognamiglio (tastiere, chitarra, cori) conosciuto come Carlos Valderrama leader dei Fitness Forever; inizierà l’imminente tour nei palazzetti (andato sold out in pochissimi giorni) e potrà confermare dal vivo il suo appeal passato e presente… e perché no anche futuro!
Le tappe del tour, dal 30 novembre in poi, toccheranno Mantova (unica con biglietti disponibili), Roma per due live, Padova, Firenze, Bari, Torino, Bologna, Napoli e infine Milano con due live.
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