Non si può dire che abbia cercato la ribalta, Lloyd Cole, durante il recente revival degli anni 80, che pure a giusta ragione avrebbe potuto dargli visibilità e attenzioni alla luce di quei 4 importanti dischi incisi coi suoi Commotions tra il 1984 ed il 1989; al contrario: il musicista inglese ha pensato bene di sparire per un po’, e così il suo ultimo disco solista risaliva ormai al 2013.
Con Guesswork, Lloyd Cole si muove con naturalezza tra electropop di qualità – ‘Night Sweats‘ e ‘Violins‘ sono due riusciti singoli per chi ama Cure e Smiths – ed intimo cantautorato new wave ed ambient tra Eno e Sylvian – ‘Remains‘ e ‘The Loudness War‘ – ossia da sempre le sue specialità, in fin dei conti.
Il disco inoltre rappresenterebbe di fatto una reunion dei Commotions, convocati da Cole dopo trent’anni per suonare con lui su Guesswork, malgrado come semplici strumentisti, e dunque il disco esce a suo nome e basta; questo elemento però conferisce interesse al lavoro, che si distingue per la qualità di scrittura dei brani ma anche per freschezza ed una certa attualità, per niente scontate, diciamoci la verità, quando un musicista ha alle spalle una ventina di dischi in 35 anni di carriera.
Tra i riferimenti del disco c’è sicuramente l’arte visuale concettuale ed astratta moderna – il dipinto in copertina, i videoclip di ‘Violins’ e ‘The Over Under‘ – ma attenzione non mancano i risvolti pop, radiofonici, il ritmo electro, che fanno del disco un opera accessibile, di compagnia, mentre l’estetica algida, astratta, moderna, in una parola new wave, si stempera comunque in un certo calore che la voce di Cole trasmette; questo è curioso, considerando quanto invece spesso si affannino i cantanti new wave più giovani a cantare con stile neutro ed impostato. La sua voce con gli anni ha preso una piega logicamente più intima e confidenziale che in brani come ‘The Over Under’ arrivano al cuore.
Da Lloyd Cole non ci si può attendere che si allontani dal proprio repertorio, dalla propria natura artistica, ed infatti lui non lo fa: non ci prova nemmeno, malgrado i suoni elettronici che utilizza siano piuttosto attuali, e non ammicchino ai suoni anni 80. Serva ad ogni modo da avvertimento, perché per quanto non passatista, parliamo comunque di un disco a suo modo “di genere”, che guarda ad un’epoca e ad un linguaggio preciso, inoltre generalmente romantico e nostalgico.
Ascoltando Guesswork con dedizione, e recuperando i vecchi dischi dei Commotions, rimane la sensazione che Lloyd Cole sia stato e sia tuttora un artista troppo restio ad autopromuoversi, a mettersi in evidenza, sicuramente per un limite ed una scelta caratteriale, del resto comune ai tantissimi colleghi inglesi imbronciati della sua generazione; e tuttavia, per quanto si parli ad ogni modo di un nome una spanna sotto i vari Morrissey o David Sylvian, sarebbe ingeneroso e ignorante trattarlo con sufficienza e destinarlo alla futura rottamazione.
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autore: Fausto Turi