Appannaggio di tutti coloro che si sono incuriositi leggendo “Earth, Wind & Fire” ci preme specificare che, certo, si tratta dei “fabulous” originali ma, ricordi alla mano, non riusciranno mai a battere il groove come una volta. Un piccolo grande scotto che addenta regolarmente le vecchie glorie, che ce voi fà.
Le voci e il mood di Terra, Vento e Fuoco non si stacca di dosso un patinato sentimento da rimpatriata, anche se negli ultimi anni l’orchestra non ha mai omesso di portare in giro in versione calorosamente live il verbo delle origini. Il sogno 70’s viene solo accarezzato, e comunque, detto questo, si è in grado tranquillamente di spendere gradite lodi per “The Promise”, che di sicuro è un disco di musica godibile. Me lo suggerisce il dorato soul di “Suppose You Like Me”, scritto dal baronetto Bailey con Ahmir Thompson e Pino Palladino. Trastullo di battiti commercialoidi all’attacco è la hit single “All in the Way”. Da giochini erotici nella jacuzzi non-del-Grande Fratello si situa il soffuso di “Hold Me”. “Wonderland” (brano già del 1998) è un allungo incantevole dal refrain che non sta nella pelle: lei sì, rivede la magia di un tempo.
I pezzi sono targati 2003, con l’eccezione di “Where Do We Go From Here”, e il long seller “Dirty” del 1978, esempio di torcida funk dalla classica marcia in più. Diventerebbe sadismo metterla a confronto con le educate hit del resto dell’album.
L’R’n’B si beve limpido, anche se ammaliato costantemente dai nuovi lidi che il genere ha adocchiato nel tempo per mantenere i posti d’onore delle classifiche. E le bollicine sono tante quanti gli inserti narrativo-strumentali (“Wiggle”, “Freedom”, “The Promise”).
Una piccola opera funky soul, col suo mirabile artigianato di pregio perché produttori e musicisti hanno esperienze enciclopediche nel campo. Resta però anacronistica nell’essenza, nella pletora di controvoci e nella astrologica copertina (degna di un programma di preveggenze extrasensoriali a pagamento su una tv locale).
Un album dai toni non invasivi, mai troppo brillo, mai troppo slavato. Ma Boogie Wonderland è lontana, lontana.
Autore: Sandro Chetta