Che la musica sia un farmaco non è una novità, e venderla come tale non è un’idea nuova. Ma quello che spaccia, letteralmente, GranDuca (al secolo Gianluca Ballarin, più che trentenne cantautore autoprodotto della musicalmente fertilissima Rovigo) con il suo primo disco, intitolato semplicemente GranDuca, non può non lasciare stupefatti e divertiti.
Nessuno fino ad ora, nemmeno i Radiohead o altre band di livello planetario dalla stramba modalità di distribuzione, aveva pensato di vendere musica all’interno di un astuccio farmaceutico, con tanto di blister e bugiardino.
Il blister è in realtà una chiavetta USB con all’interno le canzoni, e il bugiardino naturalmente contiene i testi, che si scoprono essere una delle chiavi fondamentali della novità di Granduca, con tanto di “indicazioni di somministrazione”, precauzioni per l’uso e amenità curative varie, come quella che si legge a proposito del primo pezzo Anna, ovvero “Somministrazione a breve termine come terapia additiva (per far superare al paziente un episodio acuto o una riacutizzazione) contro le ustioni amorose” o “Somministrazione preventiva contro ogni attacco di qualunquismo nei confronti dell’innamoramento e di cosa parliamo quando parliamo d’amore”. O ancora, quanto a controindicazioni: “PRECAUZIONI PER L’USO: assumere Anna lontano da fonti di inquinamento acustico. Nel paziente affetto da moralismo di qualsiasi natura l’assunzione di Anna si associa a gravi reazioni avverse”.
Il gioco dura dieci tracce (anzi, per citare l’autore, 10 dosi da 44,1 khz), ma è un gioco serissimo. Perché oltre a tutto questo, e soprattutto dietro a tutto questo, ci sono le canzoni, c’è la musica.
Una musica che colpisce l’ascoltatore, a volte colpisce duro in faccia, tanto quanto il confezionamento geniale con cui è stata architettata.
Siamo di fronte a un cantautore di specie nuova, che vuole giocare con la sua audience, ma senza sconti. Provoca, prende in giro, offende la presunta moralità (come non rimanere scioccati, per quanto abituati ad ascoltare di tutto, di fronte all’incipit testuale di Anna?), insinua dubbi sulla sua serietà (Non fidatevi del cantautore è uno dei pezzi chiave) e proprio mentre lo fa spara le sue frasi migliori, e infine inveisce contro Una Banalità Collettiva con una verve alla Battiato d’altri tempi.
Tutto si lega a una tradizione, in GranDuca, e tutto contemporaneamente appare nuovo, provocatorio, irriverente, destabilizzante. C’è la tradizione dei cantautori classici italiani, sopra tutti Vecchioni, Battiato, Fausto Rossi, un po’ di De Gregori e Dalla e un omaggio a Vasco (la cover di Guarda Dove Vai è musicalmente una delle cose migliori del disco), ma c’è anche la nuova tradizione, ormai consolidata, dei nuovi cantautori italiani, Brunori Sas, Dente, Luci della Centrale Elettrica, e c’è il cantato-parlato dei vari Cosmo, Neffa e simili.
Il tutto sembra però frullato e mixato come in un autentico minestrone, ampiamente voluto e orchestrato dal furbissimo Ballarin, che ci aggiunge di suo una ricerca testuale per certi versi inedita e contemporaneamente un ammiccare continuo alla commerciabilità becera da hit alla Fedez, come in Dimmi Dimmi, in cui si confeziona un pezzo perfettamente funzionabile alla radio per tredicenni, operazione di cui è consapevole regista, visto che le istruzioni recitano: “Somministrazione a breve termine per diminuire il numero di sinapsi attive (facendo superare al paziente un episodio acuto o una riacutizzazione di pensiero indipendente)”, “Somministrazione preventiva contro l’originalità, l’eclettismo e l’apertura culturale”.
E nel disco c’è dunque Dimmi Dimmi, con cui l’autore volutamente regredisce e spera di far regredire l’ascoltatore, ma c’è anche L.W., una canzone su Ludwig Wittgenstein, che anche i non tredicenni farebbero bene ad ascoltare per sapere chi era costui, o sulla infibulazione (La Donna in Sposa) affrontata in maniera non banale e non moralista (“Categoria farmacologica: dissipatore di etichette socio-culturali, Raccomandazioni terapeutiche specifiche: Assumere completamente spogliati da indumenti e pregiudizi”), e c’è una canzone sulla morte del motociclista Simoncelli (SIC, “Efficace in adulti che abbiano raggiunto il giusto distacco dal culto della celebrità. Raccomandazioni terapeutiche specifiche: Assumere in totale assenza di mitologia moderna”).
E naturalmente ci sono canzoni d’amore: al di là dello shock iniziale, Anna è una dolcissima canzone d’amore, così come Sarà Stato un Amore (“Azione farmacologica principale: trovare in ogni cosa un’emozione, evitando di andare alla deriva”, bellissimo il duetto vocale nel ritornello con la corista Francesca Martinelli), e così come il capolavoro assoluto del disco, Eppure Fa Rumore, una canzone in cui Granduca smette di fare a pugilato col pubblico e decide di regalargli un’autentica emozione vecchia maniera, priva di schermi, trappole, battute, prese in giro.
E per farlo nel migliore dei modi si avvale in questo pezzo di una collaborazione preziosa alle chitarre, quella di Daniele Gottardo (che collabora e condivide il palco con gente del calibro di Steve Vai), e la differenza si sente: l’assolo finale è il momento più intenso di un pezzo che già di suo raggiunge vette alte di melodia, romanticismo, sincerità soprattutto, dato che si racconta un innamoramento senza le solite convenzionali rime.
L’album si chiude con un altro raro episodio di schiettezza, una vera e propria dichiarazione di poetica e polemica del Ballarin: Una Banalità Collettiva, in cui echeggia lo spirito di un Battiato d’altri tempi che tuona, redivivo al giorno d’oggi, “percepisco una tale banalità collettiva che nemmeno l’arte mi tira su il morale”.
Ci troviamo di fronte a un artista in cui molto se non tutto è dedicato alla ricerca testuale: ma in realtà, sul piano strettamente musicale, dietro arrangiamenti al computer, dietro soluzioni elettroniche a volte non del tutto convincenti (come in L.W. o in SIC), dietro l’inseguimento del ritmo facile come in Dimmi Dimmi, vi sono accordi, armoniche, variazioni tutt’altro che banali. Granduca rifugge dagli accordi in maggiore senza alterazioni, così come rifugge dai giri di Do. Usa spesso tutte le possibili varianti, dalle aumentate alle settime alle none alle quinte, fedelmente supportato nelle scelte musicali e tecniche dal produttore del disco, che è quel Graziano Veggio che collabora con le Foxy Ladies, e ha voluto incidere il disco di Granduca nella sala di registrazione di Ugo Bolzoni, nello studio New Frontiers Recording, dove hanno registrato in passato lo stesso Gottardo, e anche Christian Meyer di Elio e Le Storie Tese e Caparezza col suo primo disco Mikimix.
Nelle versioni voce e chitarra acustica di questi pezzi, che mette in piedi nei suoi live, la struttura complessa e mai banale del pezzo viene fuori depurata di tutta la programmazione e il software che nel disco è stato messo dentro, apparentemente per nascondere un impatto diretto con la canzone d’autore, che a quanto pare è per lui prodotto troppo banale da poter vendere.
Si scopre da soli come procurarsi il disco, o anche solo il bugiardino, attraverso il suo sito, che è naturalmente anch’esso pura provocazione. Ma se capitate per caso tra Rovigo e Padova, fatevi un giro nei club musicali. Se lo trovate, uno spettacolo tuttora inedito contro la banalità collettiva è assicurato!
www.facebook.com/iosonogranduca
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autore: Francesco Postiglione