Generalmente non mi appassiono all’indie-pop, ma devo ammettere che questo disco ha esercitato un certo fascino su di me. Questo quartetto femminile svedese non solo è riuscito a creare delle strutture sonore accattivanti ed ammalianti, ma ha anche curato in maniera maniacale, e con ottimi risultati, gli arrangiamenti, sempre pertinenti e mai fuori posto. Rispetto ai precedenti lavori il gruppo è cresciuto moltissimo, “The fierce and the longing”, rispetto al precedete “Visibile forms” è, infatti, più sicuro ed ha la capacità di arrivare diretto, penetrando il cuore. Il pop delle Audrey è sopraffino ed è accostabile a quello dei Low (“Black heatrs”), soprattutto quando le quattro scandinave si lasciano andare a dilatazioni, anche se rispetto al terzetto Usa, non vanno mai troppo in là, contenendosi maggiormente, in favore di alcuni cambi stilistici graduali e quindi mai
traumatici. Il miglioramento del gruppo si percepisce anche da una maggiore distribuzione delle parti vocali tra le quattro componenti, anche se la maggior parte dei pezzi sono cantati da Victoria Skoglund, che già nell’introduttiva “Big ships” ci introduce in un indie-pop sulfureo. Rebecka Kristiansson sfiora la superba algidità di Nico in “Next left”, dove si rimane affascinati dalla bellissima cavalcata elettrica. In diverse occasioni le Audrey utilizzano violini e viole, che spiccano in “Horses are honest” e nella greve “Dalaven”.
Autore: Vittorio Lannutti