L’idea di collegare le 14 tracce dell’album realizzandone un ambizioso “concept”, quasi un musical, tramite brevi sarcastici “ponti” dialogati, recitati tra Caparezza stesso ed i protagonisti delle sue canzoni – la figlia dei fiori Ilaria, il muratore Luigi, il bonobo pacifista – conferma l’impellente esigenza del cantautore pugliese di comunicare a valanga, non più soltanto nelle canzoni ma persino al di fuori di esse, tra l’una e l’altra; perché la comunicazione schietta e diretta, per il riccioluto di Molfetta, è un’esigenza fortissima, oltre che un collante sociale fondamentale che lui va predicando, ma che purtroppo si sgretola sempre più sotto i colpi di una tecnologia che allontana le persone: ed in questi mesi, anche sul nuovo disco dei Linea 77 ‘Horror Vaqui’ c’è un duro attacco alla moderna logica delle amicizie asettiche e virtuali tramite myspace.
“Sono fuori dal tunnel del divertimento…”, “Lascerei la musica, ma ‘sta stronza mi fa le avances…”, cantava in passato il Capa, mentre nel 2008 ci spiega ancor più chiaramente: “io voglio dare vita a ciò che scrivo… devo scrivere perché seno’ sclero, non mi interessa che tu condivida il mio pensiero… mi credi il messia? sono problemi tuoi”. Spezzoni che ci permettono di capire il personaggio, che malgrado abbia abbandonato da tempo taluni temi mistici degli esordi – ricordiamo ‘Cammina Solo’, ‘Uomini di Molta Fede’ – in ogni disco mette sul piatto una quantità di temi talmente vasta ed a fuoco, che vi si potrebbe attingere per scrivere un programma elettorale radicale, finalmente di buon senso, perfettamente calato nella realtà; il quadro che ne esce fuori è sconfortante, e si chiama Italia: dunque le morti bianche in ‘Vieni a Ballare in Puglia’, il ‘machismo’, i veleni industriali, il degrado delle mode adolescenziali in ‘Ilaria Condizionata’, il mito del successo in ‘L’uomo Qualcuno’ – che “partecipa al raduno di quelli che dicono: Italia Uno!…” – e poi la privatizzazione dell’acqua, la solitudine e le nuove difficoltà della classe operaia in ‘Eroe’, le speculazioni edilizie, la pornografia in internet, la scuola pubblica italiana e l’ignoranza abissale dei teenager, persino la massoneria che, a pensarci, è un male che nessuno attacca, di cui non si parla, e su cui invece Caparezza scrive qui una canzone con un brutto ritornello, ma per il resto molto dura, sarcastica e ben scritta, soprattutto chiara: ‘La Grande Opera’. Musicalmente, ‘Le Dimensioni del mio Caos’ è il primo album del secco spilungone interamente suonato, che vede agli strumenti i milanesi Ministri, gruppo in forte ascesa, quest’anno; nessuno stravolgimento, ad ogni modo: l’album è si un lavoro tematico, ma procede ad ogni modo per episodi, ed i migliori sono ‘Abiura di me’, ‘Eroe’ e ‘Non Mettere le Mani in Tasca’. Tutto rimane asservito al hip pop – molto pop, malgrado le schitarrate ed i ritmi sincopati… – con rime sparate a raffica, che nella maggior parte dei casi volano alte, ma qualche volta peccano di debolezza – ‘Il circo delle Pantecane’ e ‘Cacca nello Spazio’ sono proprio brutte – e dunque mentre la sinistra politica naufragava alle elezioni di Aprile, e Frankie Hi-Nrg si faceva maltrattare da Mughini al dopofestival, Caparezza andava tutto sommato a segno, un’altra volta.
Autore: Fausto Turi