Il titolo del concerto è: “That was Then, This is now, Deal with It!: Teenage Jesus & the Jerks vs. Big Sexy Noise”. Ossia c’è Lydia Lunch, che ripercorre il proprio passato e si mette in gioco – i gloriosi Teenage Jesus & the Jerks – e ci racconta il proprio presente – gli interessanti Big Sexy Noise – in una serata da cui inizialmente non si sa bene cosa aspettarsi, e verso cui c’è tanta curiosità da parte di un pubblico molto vario: dai trentenni informali, a vari signori compassati in giacca e cravatta, che forse roccheggiavano 30 anni fa, quando Lydia Lunch era sulla cresta dell’onda. Si comincia con la proiezione, della prima parte soltanto – la stessa Lunch ha voluto così – del documentario ‘Kill your Idols’ del 2004 di Scott Crary, sulla no wave newyorkese di fine 70 e inizio 80. E si prosegue dunque con 25 minuti di musica noise veramente assordante: una buona sintesi del repertorio dei Teenage Jesus & the Jerks che assieme a Suicide, ai DNA di Arto Lindsay, ai Theoretical Girls, ai Contortions nella downtown di New York cercavano di fare qualcosa di nuovo, che andasse anche oltre il punk. La no wave è la destrutturazione pressochè totale della musica, in chiave arty, e ora comprendiamo da dove arrivano i Sonic Youth, che di quell’esperienza raccolsero il testimone, riconoscendo sempre a Lydia Lunch un ruolo di musa ispiratrice.
E Lydia Lunch, all’epoca sbandata diciottenne con una pessima reputazione in città, saliva sul palco ed iniziava ad urlare come un’ossessa, mentre martorizzava la chitarra elettrica, in una sorta di rito di purificazione offerto agli spettatori – “catalizzo la vostra rabbia, e così la sfogate attraverso me che sto sul palco”, dice Lydia Lunch in un brano d’intervista del documentario ‘Kill your Idols’ – ed è lo stesso anche stasera. Concerti che duravano pochissimo, quasi sempre meno di un quarto d’ora, davanti ad un pubblico sparutissimo di reietti metropolitani, nello storico locale newyorkese del Max’s Kansas City.
Però c’è di più oggi a Napoli, perchè Lydia Lunch non è più giovane, e se questa cosa solitamente è meno rischiosa, per un uomo che fa allenamento – Iggy Pop, Mick Jagger, Lou Reed… – per una donna può non essere la stessa cosa. Il pubblico, però, è tutto con Lydia, e se lei stessa c’ha le palle per rischiare a 50 anni, col fisico appesantito della casalinga americana, il massacro sonoro e fisico del repertorio dei TJ&tJerks per 25 minuti, veramente tanto di cappello. E’ una prova durissima: la Lunch ne esce visibilmente provata, anche perchè no si risparmia. Noi, con le orecchie sfondate, ci riprendiamo nella breve pausa, dopodichè inizia la seconda parte dell’esibizione: in altri 50 minuti il repertorio del progetto attuale della cantante/chitarrista: i Big Sexy Noise. Che pure sono noise, ma anche garage blues, e Lydia prova a cantare anche hip hop in qualche pezzo, e propone dunque atmosfere più strutturate, e – si fa per dire – ortodosse, tipo i Birthday Party o i Bad Seeds, o i Gallon Drunk. E ad accompagnare Lydia Lunch sul palco, ci sono proprio questi ultimi, i fantastici Gallon Drunk: James Johnston chitarra, Terry Edwards batteria e Ian White sax e farfisa. Fanno anche una cover di Lou Reed, ‘Kill your Sons’, e giusto il tempo per mandate affanculo Amy Winehouse e Britney Spears, e Lydia Lunch decide che il concerto finisce lì. Tra applausi fragorosi.
Autore: Fausto Turi
www.myspace.com/bigsexynoise