Dovremmo esserci ormai abituati alla “strana” frequentazione italiana di Hugo Race, ieri “seme cattivo” con il connazionale Nick Cave e già da tempo avviato a una carriera solista che, pur se comunque ammantata di tinte scure, ha saputo riservare di recente una strabiliante sorpresa come “Merola:Matrix” – o come altro si scrive – inaspettato atto di devozione di Hugo – in chiave remixato-decostruita – per il re indiscusso della sceneggiata napoletana, sempre sulla sarda Desvelos. Stavolta Race opera una joint-venture con Marta Collica, vocalist siciliana che ha già saputo affermarsi, oltre che con i True Spirit dell’australiano, con un grosso calibro dell’eminenza “grigia” (nel senso del mood) rock-cantautoriale come John Parish.
Ed è proprio questo l’ambito di riferimento di un disco come “Dark Summer”, come d’altra parte il nome del progetto (“la tinta della seppia” – chiaro riferimento, non culinario, al suo nero) lascia intendere. Altrove troverete dei richiami al trip-hop per questo lavoro, ma tale associazione sembra essere frettolosamente indotta da questioni di “atmosfera”. Lungo le 12 tracce del disco raramente è dato di ascoltare quei ritmi, anzi, la dimensione cantautoriale moderna lancia un allungo verso la sensibilità malinconica di certa canzone d’autore degli anni 60 – prettamente nostrana, se non “figlia di un Sanremo minore”, quella senza trillanti arrangiamenti di archi, più eterea e solipsistica.
Piacerà quindi ai cultori del noir questo viaggio nelle sfere intime – ma accessibili – dell’animo non solo artistico. Ma anche, morbido e sensuale com’è, presso chi, frastornato da tanto rock, usa concedersi un po’ di “frescura” ogni tanto. A patto – e il messaggio è per i titolari di quest’album – di non lasciarsi andare, come accade in un paio di episodi (l’insopportabilmente melensa ‘Di Fianco’), a facili ed eccessive autoindulgenze.
Autore: Roberto Villani