“Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini
Casa editrice: Piemme
N. Pagine: 394
Anno pubblicazione: 2004
Prezzo: € 17,50
Amir e Hassan sono due bambini, sono amici inseparabili, ma non sono uguali: Amir, infatti, appartiene all’etnia Pashtun e Hassan a quella Hazara; Amir è figlio di Baba, un ricco commerciante; Hassan è figlio di Alì, che presta servizio in casa di Baba. Amir veste in abiti “occidentali”, Hassan in abiti tradizionali. Nonostante ciò, amano giocare insieme. Far volare gli aquiloni è il loro passatempo preferito, come quello di tanti altri bambini di Kabul. Amir e Hassan, infatti, vivono in Afghanistan. E’ il 1975 e questa è una terra ancora libera, ricca di cultura e tradizioni. Proprio durante quell’estate, tuttavia, accade qualcosa che spezza l’armonia e dissolve il sodalizio: quasi al termine di una gara di aquiloni (il gioco consiste nell’accaparrarsi il maggior numero di aquiloni, spezzando il filo di quello degli avversari e catturando l’aquilone rimasto ingovernato), Amir assiste impassibile allo stupro di Hassan da parte di altri bambini Pashtun, preoccupandosi solo di recuperare l’aquilone catturato per lui dall’amico e vincere la gara. Questa vittoria ha un duplice effetto: da un lato consente finalmente ad Amir di ottenere il consenso del padre, dall’altro gli impedisce di proseguire nella sua amicizia con Hassan, a causa del forte senso di colpa che prova per non averlo aiutato.
Con un pretesto, dunque, Amir fa in modo che Hassan e la sua famiglia siano allontanati da casa sua. La lontananza, però, non serve ad attutire il rimorso di Amir nemmeno quando si trasferisce in California per sfuggire ai due regimi che si sono tragicamente succeduti in Afghanistan e ne hanno stravolto l’equilibrio: quello sovietico prima e quello talebano dopo. Grazie a una telefonata del tutto inaspettata, Amir torna nella sua città natale, che stenta a riconoscere proprio a causa delle devastazioni operate negli ultimi anni.
Non c’è più spazio per i colori, né per le tradizioni, la cultura è annientata, come qualsiasi altra forma di libertà. Nonostante tutto, Amir non solo ritrova i frammenti della sua storia e di quella di Hassan, ma riesce persino a farli combaciare, giungendo ad un epilogo forse un tantino scontato, ma molto poetico.
Grazie all’abilità narrativa di Husseini, i trent’anni di storia racchiusi in questo romanzo scivolano rapidamente e chiariscono tanti aspetti ancora poco noti di una terra come l’Afghanistan, di cui oggi si conosce solo il lato più violento e sanguinario. Impossibile non restare sconvolti davanti alla descrizione delle brutture che sono state compiute e che hanno polverizzato secoli di storia, ma proprio il fatto che l’autore abbia avuto il coraggio di costruire un lieto fine alla sua storia fa pensare che, in certi casi, la vera prova di forza è continuare a sperare in un futuro migliore.
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autrice: Flavia Vitale