Quinto disco in carriera, per questo sestetto livornese in giro da ormai 10 anni, che assieme a Perturbazione, Baustelle, Têtes de Bois, Bugo e pochi altri cerca coraggiosamente un’evoluzione per il pop italiano evitando, grazie a dio, di appiattirsi semplicemente su modelli anglofoni d’importazione; i Virginiana Miller, piuttosto, hanno nel loro Dna molta della musica d’autore italiana degli ultimi 30 anni, e dopo aver suscitato in passato grandi consensi di critica – specie con il precedente ‘La Verità sul Tennis’ del 2003 – oggi sanno di potersi legittimamente proporre ad un pubblico più ampio con canzoni che, pur testimoniando la definitiva maturazione compositiva, mostrano continuità, in ogni caso, con i lavori precedenti.
Segno evidente che i Virginiana Miller hanno da sempre perfettamente a fuoco cosa vogliono fare: qui ci sono le belle canzoni pop profonde (‘Dopo la Festa’), tenere (la pinkfloydiana ‘Formiche’, la drammatica ‘Onda’), sbracate (‘Re Cocomero’, ‘Commodore 64’), su temi storici e geopolitici (‘La Sete delle Anime’, ‘Italia-DDR’), e ci sono, finalmente, un paio di potenziali tormentoni radiofonici (‘Dispetto’, ‘Per la Libertà’).
Questi ultimi mancavano – diciamoci la verità – nel repertorio del gruppo, e potrebbero sbloccare i Virginiana Miller dal solo successo di critica verso un pieno riconoscimento di pubblico, senza costringerli ad arrendersi, e passare necessariamente da un festival di Sanremo.
La voce imperfetta di Simone Lenzi mi affascinava già in ‘La Verità sul Tennis’: voce ordinaria la sua, scarsa per estensione tonale, neanche tanto intonata ma tuttavia profonda, comunicativa soprattutto nelle melodie lente e tenebrose come ‘Italia-Ddr’.
Che bella, la girandola di riferimenti e citazioni – mai banali – che i più attenti potranno riconoscere in questo disco: c’è l’oro di Dongo, i Winter Games del commodore 64, Uri Geller – ‘la mente che piegava i cucchiaini, che poi non ci giravi più il caffè…’ –, il sovietismo tanto caro ad Offlaga Discopax – ‘a volte t’ho pensata oltre cortine… di silenzio e di spine…’ –, gli ecomostri che affollano i nostri litorali costieri.
Ma tra tutte le storie, è l’impossibile parallelismo in ‘La Sete delle Anime’, tra l’omicidio (perchè, avete dei dubbi?) di Enrico Mattei e l’atroce vicenda del servo cantore di Alessandro Magno, a colpire il bersaglio: lì c’è il colpo di genio creativo e il dono della sintesi di Simone Lenzi.
Autore: Fausto Turi