Aghori Mhori Mei è il 13mo disco di una delle band più iconiche e a questo punto anche longeve del panorama rock mondiale, con due Grammy Award e un Mtv VMAs, e un American Music Award vinti nella loro storia e vari dischi di platino e d’oro, con Mellon Collie disco di diamante. Nella loro composizione di base, ormai leggendaria, dal 1988, gli Smashing Pumpkins sono il trio composto da Billy Corgan, James Iha e Jimmy Chamberlin, con il mitico Corgan unico protagonista di tutta la storia completa della band, nonché leader indiscusso e compositore della maggior parte dei brani, e anche produttore di questo disco e possessore della casa discografica con cui escono da tempo i suoi lavori, la Martha’s Music.
Il nuovo disco, uscito ad agosto, continua la serie prolifica inaugurata da Atum, in tre atti, uscita tra 2022 e 2023, ma ha la caratteristica singolare di uscire durante il loro tour, che per l’occasione della nuova uscita proseguirà con ulteriori tappe in nord-America e nel sud-America, per completarsi poi in Europa con tappe in UK, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, e ultima tappa in Grecia.
L’album può apparire annunciato in tono minore, per la sua uscita estemporanea e un po’ a sorpresa, quasi imprevista, rispetto a titoli famosissimi che gli Smashing hanno pubblicato nel tempo peraltro in due o tre parti, dando dunque a questi dischi un peso discografico e storiografico particolare (Mellon Collie, Machina, e appunto il recente Atum, rock opera in tre atti) e dopo gli sforzi fatti per il doppio Shiny and Oh So Bright del 2018, e l’ennesimo doppio album Cyr del 2020 e il triplo Atum del 2022-23.
Ma in realtà ai primi ascolti Aghori Mhori Mei, benché (va detta così a questo punto) di sole 10 canzoni, appare addirittura uno dei migliori della band, che risulta in forma come non mai e il cui suono sembra non risentire negli anni rispetto al loro trionfale capolavoro che li ha consacrati, ormai quasi trent’anni fa, ovvero Mellon Collie and the Infinite Sadness.
Molti altri artisti, anche grandi, avrebbero preso una pausa creativa dopo un disco in ben tre atti e un tour in corso, ma Corgan prende le pause dai suoi lavori impegnativi pubblicando e scrivendone altri o al massimo cambiando band o progetto (per es. a inizi 2000 con gli Zwan). La sua prolificità non si ferma mai e questa è cosa nota nell’ambiente. “Nello scrivere il nuovo disco mi intrigava il ben noto assioma “non puoi andare a casa di nuovo” che personalmente trovo vero. Pensandoci bene: perché non provare di nuovo? Non tanto in guardarsi indietro sentimentalmente ma come strumento per andare oltre: per vedere se nella bilancia fra successo e fallimento dei nostri modi di fare musica dal 1990-96 potevamo ancora trovare qualcosa di ispirato e rivelatorio”.
E’ quello che peraltro si nota dall’ultimo tour, che infila successi tratti da trent’anni di musica, con nuova energia data anche dal turnista alla chitarra Kiki Wong. Le recensioni di questo tour in tutta America sono ottime: secondo NME “è indiscutibile che la band è responsabile di alcune delle canzoni più belle del rock anni ’90, mentre per Miami New Times “La band ha portato il pubblico indietro nel tempo quando la musica alternativa era nel mainstream e l’idea di usare il cellulare durante un concerto era fantascienza”.
Il nuovo disco è per certi versi una antologia di quello che le Zucche più famose al mondo sanno fare meglio: Edin, Sighomi e anche Pentagrams, che comincia lenta, sono toste e dure come un metal rock, a cui raramente Corgan si spinge fino a questo punto, e così anche Sicarus, 999, e la splendida e cattiva War Dreams Of Itself sono rock durissimo e sfrenato, con le consuete chitarre distortissime e l’effetto calabrone alla Smashing arcinoti ai fan.
C’è spazio anche per le ballate, altro marchio di fabbrica di Corgan e soci: Murnau, anzitutto, che rappresenta il must che deve esserci in ogni disco degli Smashing, lenta, dolce, sussurrata, quasi melensa, giustamente a chiusura disco, stile Galapagos di Mellon Collie, e le dolcissime e ottimamente compiute Who Goes There e Goeth The Fall, con le quali Corgan e compagni non fanno rimpiangere, semmai ce ne fosse bisogno, le composizioni per cui sono diventati famosi come 1979 o Perfect.
Infine, trova spazio anche una ballata alla Tonight Tonight, orchestrale, intensa, trasognata, melodica, con diversi momenti e melodie, piccola opera rock interna che diventa per questo il pezzo più bello del disco, Pentecost, a riprova che Billy è ancora lì, nonostante i quasi 60 anni, a comporre canzoni di una intensità e poesia come forse nessuno fra gli artisti dagli anni ’90 in poi ha saputo fare: La voce con cui le porta sui dischi e nel tour è invece un altro discorso, e certamente non è la loro carta migliore, ma è diventata anch’essa un marchio di fabbrica in fondo, per il quale sono immediatamente riconoscibili ovunque alle prime note.
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