Ha solo 24 anni ed è al suo debutto, quindi non è paragonabile a Brian Eno come invece enfaticamente afferma Hot Press Magazine (versione irlandese del nostro XL di Repubblica per intendersi), però il giovane compositore irlandese di Galway numeri ne ha, soprattutto agli occhi degli amanti del pianoforte e delle soundtracks finto-minimaliste.
Te ne accorgi ascoltando I’m Trying To Escape, tutta seria, austera e tirata. Anche troppo. Fortunatamente intervengono quei pochi secondi finali in cui una voce femminile registrata dice qualcosa (non importa cosa) sporcando il brano e rendendolo quindi perfetto.
Il problema di questo genere musicale risiede nell’utilizzo smodato che ne è stato fatto negli ultimi anni – e non solo dal cinema – finendo per svilirlo.
Dopo il già citato Eno, dopo Michael Nyman, è come se le nuove generazioni si fossero trovate di fronte ad una scelta: credere fortemente nel verbo minimalista e quindi cercare strade alternative ai giardinetti accademici (molti si son dati all’elettronica o comunque alla sperimentazione) oppure restarci, attaccandosi ‘ai maroni’ del pubblico, facendosi pagare profumatamente e facendosi chiamare Allevi od Einaudi che sono anche peggio dei veri ‘accademici’ perché almeno questi ultimi non hanno vergogna di mostrarsi intrappolati nei ‘quadri di famiglia’, mentre gli Allevi e gli Einaudi corrompendo le menti deboli facilmente suggestionabili si spacciano per il nuovo che elegantemente avanza (ma verso dove, poi?).
Ho preso volutamente gli esempi peggiori andando anche un po’ fuori traccia, ma come i maccartisti vedevano il diavolo comunista in ogni sceneggiatura della Hollywood dei ’50, allo stesso modo io annuso il pericolo ogni qualvolta qualcuno che non sia un jazzista o che non faccia ‘classica’ suona in modo più o meno pulito il pianoforte, perché poi – anche se guidati dalle migliori intenzioni – lì si va a finire.
Bisogna comunque esser sempre ottimisti e saper cogliere i segnali di cambiamento, ed è per questo che vorremmo suggerire a Seamus di spingersi ancora più in là senza remore, sulla stessa strada già intrapresa in alcuni brani di questo lavoro che di positivo si differenziano da una presunta scuola di spacciatori di fuffa per due fatti precisi, che ai più non diranno molto ma sono invece assai importanti: la brevità delle tracce (miracolo in questi ambienti), segno che Seamus non vuole proprio nebulizzarci ed il coraggio di macchiarle con detriti ambientali (cosa sarebbe Providence senza tutto quello scrosciare d’acqua) che le rendono più vive, le dinamizzano ed in qualche modo le pongono in un territorio di confine verso altri mondi possibili.
Buoni esempi di movimentazione e stratificazione sono dati anche da By Her Window da cui si affacciano fantasmatiche presenze synth-vocali o da Down I Go che dispone di percussioni asimmetriche in stile Jim White; quando invece l’irlandese si mantiene sul neoclassico come nella maggior parte del disco succede, le composizioni ricordano quelle dei maggiori artisti della Windham Hill, sostituendo però quell’ottimistico brio americano ad una più compassata e mesta poetica europea, e questo ci piace di meno perché sa troppo di manierismo.
Autore: A. Giulio Magliulo
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