Iperprolifici gli australiani King Gizzard & The Lizard Wizard, si fa davvero fatica a star dietro a tutte le loro uscite (del 2021 anche l’album L.W. uscito a febbraio). Purtroppo per noi ma per fortuna per loro, essere così creativi è in antitesi con il contenersi. Soprattutto quando non esistono barriere tecniche o limiti nei linguaggi che si decide di voler utilizzare.
Per comprendere questo disco o almeno cercare di avvicinarsi ad esso dobbiamo cominciare a sostituire il termine rock con future pop ma poi, subito dopo, dimenticare le fighetterie ultrapatinate a cui negli ultimi anni abbiamo associato il future pop. E ci si ritrova in un mondo giocoso ed ovviamente psichedelico, di vividezze multicolour e pieno zeppo di note e aromi orientaleggianti.
Una competenza quasi sorniona nell’uso degli electronics tale da destabilizzare le naturali associazioni che verrebbe di fare di band o scene del passato regna sovrana e noi siamo sballottati su montagne russe di zucchero filato e circondati da coretti che si diffondono ad ogni passo tra siepi di marzapane (Black Hot Soup). Si alternano poi ripartenze kraut a misteriose ambientazioni esotiche dark e retrò, finte e fascinose come quelle dei kolossal vintage o di frammenti di chip music (Blue Morpho, Dreams). E se proprio si avesse bisogno di qualche nome per indirizzare l’ascolto – ferma restando l’assoluta unicità dei KGLW – diremmo a questo giro con consapevole forzatura Animal Collective o Flaming Lips: forse non si capirebbe comunque come suona questo album, ma almeno si può avere un’idea del grado di eccentricità.
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autore: A.Giulio Magliulo