Il concerto è appena finito, il motovelodromo si sta svuotando lentamente e un’altra edizione di “Ferrara sotto le stelle”, sicuramente la più difficile, volge al termine. Mi giro in direzione del palco un ultima volta, speranzoso che l’anno prossimo sia di nuovo la magnifica Piazza Castello il teatro dei sogni musicali che allestiscono magnificamente da queste parti; ripenso al concerto, ogni nota riverbera perfettamente nella mia testa, ma stranamente penso ad un evento che non potrebbe essere più lontano da questo momento e da questo luogo. Ripenso ad una partita, a una finale di Champions League del ’99, Manchester United contro Bayer Monaco. Per molti questa è stata la più bella finale degli ultimi vent’anni di calcio, e non tanto per il gioco espresso, ma per l’altalena di emozioni e sorprese che sono stati capaci di creare quei ventidue giocatori in campo. In pratica, per chi non ricorda o non è proprio un fanatico di calcio, il Bayer Monaco fino a due minuti dalla fine, fino al fatidico minuto ’89 era in vantaggio di un gol, 1-0, davanti per tutta la partita senza una sbavatura e senza un’imperfezione, come dire, concretezza ed efficienza tedesca, anche nel calcio.
Eppure sono bastati due minuti, 120 secondi di follia per trasformare una partita perfetta nella più incredibile disfatta calcistica degli ultimi due decenni. Due gol, due calci d’angolo, due azioni simili e gli inglesi al fischio finale erano in un angolo che definire paradiso sarebbe poco, mentre piegati a terra, sparsi nel campo c’erano solo undici uomini con la testa tra le mani e le lacrime ad innaffiare i loro piedi.
Ora concedetemi un parallelo, magari un po’ azzardato, ma sono sicuro che saprò spiegarmi.
Pensate ad un cantautore raffinato, intenso, assolutamente al di sopra della media, pensate a due canzoni tra le più profonde ed emozionanti del cantautorato folk degli ultimi anni, pensate a “The Blower’s Daughter” e “Cold Water” suonate di seguito, senza sosta, senza fiato, regalate come bis ad una platea completamente ipnotizzata e ammaliata.
Ora sarete tutti d’accordo che basta poco per finire in trionfo, basta un ultimo, piccolo passo e sei sul podio con addosso una medaglia luccicante, è sufficiente una “Eskimo” qualsiasi o una “Rootless Tree” per marchiare a fuoco questa serata negli occhi e nel cuore di ognuno di noi, e invece ecco i due minuti di follia di cui sopra, ecco come ti sfilano una coppa dalle mani quando praticamente era già tua.
La debacle si presenta sotto forma di pantomima quando sul palco arriva una ragazza bella oltremodo e una bottiglia di vino. Rice allora inizia a raccontare la storia di un fallito corteggiamento mentre intanto, in compagnia dell’avvenente brunetta, si scola in tre bicchieri consecutivi l’intera bottiglia di vino.
Alla fine del racconto, durato una quindicina di noiosissimi minuti, parte “Cheers Darlin” eseguita su una tristissima base registrata. Fine del concerto e di tutte le belle sensazione provate fino a quel momento, perché è indiscutibile che il resto della serata sia stata di ben altra caratura, è innegabile che l’esecuzione e la qualità della setlist proposta sia stata di un livello altissimo ed è fuori da ogni dubbio che l’artista irlandese sia uno dei pochi del panorama internazionale a poter reggere una serata intera fatta solo di chitarra e voce.
Del resto non tutti possono permettersi di pescare dal loro repertorio canzoni come “Delicate”, la quasi jazzata “Volcano”, la fragile e, al tempo stesso, devastante “I Remember”, una struggente “Cannonball” , eseguita solo con la sua voce nuda e cruda, senza microfono e amplificazione e una superba “9 Crimes”, unico momento in cui si separa dalla sua chitarra e trasloca dietro un piano elettrico.
Una serata quasi perfetta questa di Ferrara, un meraviglioso crogiolo di sentimenti, fragilità e malinconia, ma con quel finale inutile, triste, del tutto fuori luogo, buono solo ad mortificare l’immensa capacità di un artista che, anche se bloccato da troppo tempo, resta sempre un fuoriclasse del folk contemporaneo, ma come sappiamo bene, anche i fuoriclasse perdono le finali, anche quando sembrano già vinte.
Autore: Alfonso Posillipo _ foto ninecrimes.it
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