Prima ristampa ufficiale (almeno per quanto concerne l’Europa) per i mitici Josefus, tra i principali interpreti del sanguigno ed abrasivo sound heavy psichedelico emerso dalla rovente e florida scena underground texana dei tardi anni sessanta.
L’ottimo cofanetto Akarma ripercorre il primo periodo di vita della band, concentrando l’attenzione sulle registrazioni che hanno segnato il bellissimo debutto del complesso. Esclusi (almeno per il momento) i due LP postumi realizzati nella prima metà degli anni novanta (già comunque editi in diverse salse, più o meno legalmente, nel corso dell’ultimo decennio): stiamo parlando di Gett Off Of my Case (che racchiude alterante mix e diversi inediti) e Sons of Dead Man (discreta re-union che vide coinvolti i tre membri superstiti).
I Josefus (Doug Tull alle percussioni, Pete Bailey nelle vesti di cantante solista, Day Turner al basso e Dave Mitchell lead guitar), al pari di Johnny Winter, Corpus e 13Th Floor, hanno forse rappresentato il picco creativo di una regione dimostratasi nel tempo vera fucina di talenti, proponendosi come valida e nerboruta alternativa alla più morbida e solare psichedelica tipicamente californiana. Il carente supporto pubblicitario e la mancanza totale di una buona strategia finanziaria hanno, purtroppo, impedito al gruppo di emergere a livello nazionale.
Impresse nella memoria di tutti gli appassionati rimangono, comunque, le sette perle che caratterizzarono “Dead Man” (Hookah, Marzo 1970), solido manifesto di una stagione irripetibile.
Buona parte del lavoro presenta brevi composizioni originali eseguite in chiara vena hard; brani piuttosto essenziali, diretti, dominati però da una sfavillante chitarra fuzz.
“Crazy Man”, “Country Boy” e la durissima versione della stonesiana “Gimme Shelter” (interpretata probabilmente più per i forti connotati politici del testo, in chiave chiaramente antimilitarista, che per eventuali affinità espressive tra le due formazioni), sono da considerarsi come gli episodi meglio riusciti della prima facciata.
Ma è la sofferta cavalcata psichedelica di “Dead Man” a mostrare il lato migliore della band, chilometrico esercizio di acid rock incastonato in preziosi e lisergici fraseggi heavy/blues.
Un brano epocale.
Segue “Josefus” (edito da Mainstream), lavoro leggermente sottotono.
Brilla, per tutta la durata del 33 giri, la sola chitarra di Mitchell, originale motore ritmico della band. L’acida ballata “Feelin’ Good” e i brevi excursus garage/punk di “Bald Peach” ed “I Saw a Killin’” sono le canzoni che probabilmente innalzano di almeno mezzo punto il livello generale del progetto. Un album appena discreto, lontano comunque dalle indovinate soluzioni espressive che hanno valorizzato il debutto della band statunitense.
Conclude l’opera, l’interessante progetto aLive che racchiude, tra l’altro, 2 rare incisioni dei Rip West (“Aristotle” e “Time for the Rainbow”), formazione pre-Josefus. Il momento più brillante ed originale dell’LP è comunque rappresentato dall’infuocata sezione live (per un totale di 4 brani) realizzata, in parte, durante il Love Street Light Circus di Houston. Performance che sancisce definitivamente il valore della band, grazie ad una dilatata e lisergica versione della stupenda Dead Man, qui proposta in versione “extended”, impreziosita da un pregevole intro heavy blues. Rispetto all’edizione americana (reperibile quasi esclusivamente via Internet) sono stati inseriti anche i due discreti ma sfortunati singoli realizzati nel 1979 per la rinata Hookah.
Nel complesso un lavoro curato, ricco di informazioni utili (vedi copioso booklet) e masterizzato a dovere (è un piacere ascoltare i due lavori in studio senza fruisci di sottofondo, a differenza di quanto verificatosi in passato). Opera quindi imperdibile, vera rarità per ogni collezionista di musica psichedelica.
Autore: Giorgio Guffanti