“Allt E’nte” è il terzo album in studio del bizzarro trio svedese Vanligt Folk formato dai “pazzarielli” Jonas Abrahamsson, Carl Carlsson e David Sundquist.
Il disco è uscito il 16 marzo a poco più di un anno di distanza dal precedente “Hambo” ed è pubblicato attraverso la label scandinava Kontra Musik, fondata dal produttore Ulf Eriksson.
La release si pone come una sorta di “reazione all’attuale aspettativa crescente sulla politicizzazione della musica o una risposta alla richiesta e implicita condizione di essere attuali, pertinenti o costretti a prendere una posizione”.
La band formata a Goteborg nel 2013 è nota soprattutto per le imprevedibili esibizioni live che si basano su un amalgama EBM / minimal wave, il tutto a sorreggere testi di protesta o schietta disapprovazione.
In alcuni tratti sembra di riascoltare una reincarnazione nel nuovo millennio della Phantom Band di Jaki Liebezeit e Rosko Gee, oppure un ibrido tra i D.A.F. del recentemente scomparso Gabi Delgado con dei meno austeri Knife – loro connazionali – anche per trovare una linea di continuità nel pop scandinavo, soprattutto nella scelta di alcune timbriche.
Del resto sarebbe facile e riduttivo elencare analogie con tante band e mondi musicali a causa del modo stravagante di mescolare industrial, wave ed electro, anche se va sottolineata la capacità del trio di convertire il tutto in un insolito “folk-dance” esclusivo e referenziale.
Ottime le ritmiche che riescono a puntellare la configurazione di tutte le otto tracce – la maggior parte delle quali sostenute da una ossatura minimale – e che subiscono limitate variazioni durante lo sviluppo e in linea di massima fabbricate su conformazioni lineari, uniformi, complessivamente allocate in un mix sufficientemente pulito e assestato.
A dire il vero sembra tutto troppo ordinato e sarebbe stato lecito aspettarsi delle contingenze più caotiche; tuttavia non mancano atmosfere in acido e momenti di turbamento con circostanze paradossali, fraseggi più o meno ipnotici, principalmente conseguenti alla ripetitività rigida e semi-ossessiva della struttura dei brani che comprendono in maniera sistematica le stravaganti voci distorte, non sempre gradevoli o particolarmente interessanti – ma a questo punto caratteristiche – e che gorgheggiano testi sulla scia della canzone di insubordinazione incardinata su temi attuali, ad esempio su come il nazionalismo e l’estrema destra abbiano nuovamente preso piede in Europa.
Sicuramente “Allt E’nte” si colloca tra i dischi più bizzarri e malsani di inizio anno e per tale motivo ben inserito in una graduatoria ideale di questo pazzo 2020.
Autore: Luigi Ferrara