Alessandro Baronciani è di Pesaro.
E questo è importante.
Con le immagini da lui tracciate ha fatto di tutto e tutto oltremodo bene.
Ha lavorato per marchi famosi, urlato da ragguardevoli palchi e rappresentato l’amore nello spazio.
Noi ci occupiamo principalmente di musica, soggetto spesso presente nelle vicende degli artisti visivi ma mai quanto lo è stato e continua ad esserlo per Alessandro ed è per questo che abbiamo voluto intervistarlo.
Vi diciamo tre (il numero perfetto) cose a caso: le bellissime illustrazioni con tanto di “diari” musicali su Rumore, la collaborazione con i Baustelle per il “Cofanetto illustrato della giovinezza”, e, ovviamente, gli Altro.
La band della scuderia La Tempesta dischi nella quale canta e suona la chitarra assieme agli amici di sempre Gianni Pagnini (basso) e Matteo Caldari (batteria).
Tutti di Pesaro.
È solo la punta dell’iceberg? Potete giurarci!
Però ora lasciatemi spendere due parole sulla sua arte prima di incontrarlo:
Prendete tutti i cartoni e fumetti sentimentali giapponesi (da Rossana a Piccoli problemi di cuore) epurateli da tutte quelle cose che non convincono o distorsioni del genere, immergeteli nell’acqua salata dell’adriatico e ripassatelo con dei bei pennarelli decisi ma sinuosi.
Otterrete quella cosa speciale che sanno d’arti le opere di Alessandro Baronciani.
Il senso di affetto che provano i bambini dagli undici ai novant’anni.
Cercare di descrivere più specificamente la sua arte mi causa la stessa sofferenza e frustrazione che si prova a scrivere qualcosa a una ragazza così bella.
Non ce la fai.
Sai cosa senti ma è troppo etereo, bello e più grande di te, semplicemente perché attraversa un’umanità intera. Sul serio.
Se riuscissi a descrivere tale stato e trasmettere tali sensazioni sarebbe poesia ma purtroppo per me non sono un poeta. Quelli sono i veri giganti.
Ecco.
Forse Alessandro non sarà un gigante (forse, ma comunque sarebbe questione di tempo probabilmente) ma di sicuro è salito su una scala molto alta.
E adesso iniziamo finalmente con l’intervista che è quello per cui siete qui:
Ciao Ale, come te la passi?
Bene, un po’ di stanca, un po’ di acciacchi, ma penso di andare a letto subito dopo aver risposto a queste domande.
L’ultima tua opera è una raccolta dei 20 anni di fumetti che hai compiuto. Puoi raccontarci, anche brevemente, come sei rotolato in questo mondo? Anche tu vittima di topolino come altri colleghi, o c’è di più?
Topolino alle elementari! Ogni mercoledì quando tornavo da scuola mi aspettava sul tavolo a fianco alle penne al pomodoro. Poi Asterix, mio fratello ne aveva tantissimi. Non so dirti quante volte l’ho letto. Lo leggevo anche prima di saper leggere. Ho imparato a leggere prima le immagini, poi quando iniziai a capire la scrittura leggevo i baloon grandi, fino a poi arrivare a quelli scritti più piccoli. Ancora adesso lo leggo in altro modo, stando attento più alla costruzione della trama o ai riferimenti storici di cui le storie di Asterix è pieno. Poi Dylan Dog, subito dopo l’arrivo dei giapponesi in edicola. Pensa che c’erano anche i videogiochi, il gameboy ma a me continuavano a piacere di più i fumetti.
Invece la tua precedente fatica è stata “Le ragazze nello studio di Munari” edito da BlackVelvet. Hai deciso di raccontare questa importante figura, seppur indirettamente ed attraverso un tuo filtro personale, perché l’hai sentito particolarmente affine al tuo percorso oltre, magari, ad averti ispirato?
La storia è nata dalla voglia di raccontare una storia d’amore in maniera diversa. Ho cercato di intrecciare diversi piani di lettura. La storia d’amore, un autore importante come Bruno Munari di cui ho sempre cercato i suoi lavori, prima che Corraini stampasse tutto il catalogo, nei mercatini dell’usato e in ultimo la cartotecnica con le sue invenzioni. Un libro importante, per me. È andato molto bene, Black velvet è fallita e non penso che venga più ristampato. Quindi qualcosa di unico! Evviva!
C’è un altro artista che ti senti di definire importante per te stesso, anche se immaginiamo sia difficile sceglierne uno solo, e sul quale ti andrebbe di lavorare in futuro?
Gli Offspring.
Passiamo ad Altro (scusa il pessimo gioco di parole). Classica domanda: Come è nata la band e con quali intenzioni?
Non so che intenzioni avessimo. La band è nata tanto tempo fa quasi a ridosso della fine delle superiori. In generale volevamo suonare in giro o anche semplicemente andare in giro. Il nome del gruppo è nato per caso. Non sapevamo che genere volevamo esattamente fare. Punk sicuro, ma non ci venivano bene neanche le cover dei Sex pistols. Eravamo incapaci e assolutamente autodidatti.
Uno dei famosi packaging della band.
Noti qualche differenza tra quando fai musica e quando disegni o è solo come passare da una matita ad un pennarello?
Quando suono sono in tre, quando disegno sono da solo. Star da solo non è così divertente come stare in tre. Come diceva del resto Wharol: due è una compagnia, tre una festa. I fumetti dovremmo farli sempre in mezzo a delle feste.
C’è qualcosa che non ti hanno mai chiesto in un’intervista ma di cui avresti voluto parlare?
Si accettano anche secche negazioni od insulti sussurrati in risposta.
Non lo so, alle volte rispondo in modo diverso alla stessa domanda. È divertente e se mi rendo conto che si possono dire tantissime altre cose in una risposta. Non c’è un solo racconto per spiegare i fatti.
Ci ha fatto molto piacere averti con noi e ti ringraziamo. Inoltre ti salutiamo con la certezza di rivederci, che sia a Milano (dove Alessandro lavora), ad un concerto degli Altro o in qualche fiera di fumetti.
Sì, questa è una bella idea. Perché penso che sia molto divertente conoscere gli autori e andare ai festival di fumetti. Hai l’opportunità di conoscere un sacco di persone che, come te, hanno la stessa passione. Ti senti meno solo quando scopri che altri come te hanno la serie completa di Dragon ball serie oro.
Per rifarvi gli occhi grazie al nostro ospite: http://alessandrobaronciani.blogspot.it/
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