Gli Howler provengono da Minneapolis un posto che in passato ha regalato alla musica Replacements, Hüsker Dü e, per restare più ai nostri giorni, gli Hold Steady. Nel caso tuttavia di America Give Up, debutto di questo giovanissimo manipolo di ragazzini (età media vent’anni), capitanati dal cantante e chitarrista Jordan Gatesmith, i punti di contatto riportano invece più agli Strokes e ai Libertines e non è un caso che siano stati messi sotto contratto da Geoff Travis della Rough Trade Records, l’etichetta che fece conoscere Julian Casablancas & soci.
Detto questo è anche giusto notare come le influenze soniche non si fermino semplicemente ai primi anni zero ma finiscano per scavare più in profondità arrivando, senza paura, a scomodare anche Ramones e Jesus & Mary Chain, Buzzcocks e il garage anni ’60.
Prendete ad esempio Told You Once e vi ritroverete tutte queste spezie meravigliosamente fuse. Con queste premesse era scontato che un tale debutto riaccendesse, soprattutto dopo le tesi di Simon Reynolds, le polemiche su come la nostalgia del passato abbia finito per isterilire il rock anche, o soprattutto, nella sua versione indie.
Personalmente ritengo invece che un tale approccio rappresenti l’aspetto più accattivante di America Give Up perché vitale e immeditato.
Il nocciolo della questione è che i ragazzi di Minneapolis suonano meno pretenziosi degli ultimi Arcade Fire e dei loro esangui epigoni e, personalmente, alla noia continuo a preferire il divertimento e l’energia che trasmette la musica. Queste undici tracce non presentano sperimentazioni sonore ma suonano luminose e sfacciate come la selvatica Sluts Beach che potrebbe benissimo essere una B-side perduta dei Ramones o semplicemente un singolo garage-surf dei Wavves. E se non vi basta Back to the Grave vi trascinerà, senza che ve ne accorgiate, dalle parti dei Jesus & Mary Chain.
Gli Howler probabilmente non saranno i salvatori del rock‘n’roll, ma ben altri gruppi sono finiti sotto i riflettori senza che avessero un granché da dire. Per questo faccio il tifo per loro.
E’ ora che il mondo si innamori del rock, senza tanti fronzoli, e di un’altra garage band.
Autore: Alfredo Amodeo