Esistono progetti e idee musicali che non si fanno imbrigliare, che viaggiano liberamente e che quando colpiscono lo fanno con forza; e questo è ciò che accade quanto è John Dwyer a muovere le fila dei suoi “Sees”che li si voglia chiamare Thee Oh Sees, Oh Sees, Osees …, il risultato finale non cambia, se non nelle “poliedriche” costruzioni musicali.
In un oceano sconfinato di musica e in una discografia rigurgitante pubblicazioni su pubblicazioni (talune eccelse, altre meno, ma quasi tutte sempre di grande interesse), mantenere la rotta, sebbene possa apparire complesso, è più facile del previsto fissando dei punti fermi che si dimostrano essere fari all’orizzonte.
Quanto sia valida e varia la “penna” di Dwyer (limitandosi all’ambito Osees “& Co”, avendo Dwyer dato vita a molteplici progetti paralleli, per tutti i lancinanti Coachwhips) lo dimostra il rapido raffronto tra il superbo “Carrion Crawler/The Dream” del 2011 a nome Thee Oh Sees (con la splendida copertina a firma Elzo Durt), intriso di garage rock di ispirazione psichedelica, sporco, diretto e perfetto, che vanta brani come “Contraption/Soul Desert”, “The Dream”, quel gioiello che è “Face Stabber” del 2019 a nome Oh Sees, sintesi esatta di psichedelia, rock, progressive, garage, jazz-rock, improvvisazione … di cui i ventuno minuti di “Henchlock” sono alfieri (da citare anche in questo caso la copertina, realizzata con un dettaglio di “Swamp Demon” di Frank Frazetta) e l’assurdo e decomposto “Protean Threat” del 2020, a nome Osees, miscellanea di astrusi umori e visioni, in cui spiccano “Red Stud”, “Mizmuth”, “If I Had My Way” …
E continuando a mantenere la barra a dritta, come Osees (in formazione composta da John Dwyer – guitar, vocals, synthesizers, percussion, assorted electronics; Tim Hellman – bass; Tomas Dolas – keyboards, cello; Paul Quattrone – drums, percussion, electric claps; Dan Rincon – drums, percussion; Brad Caulkins – tenor sax; Liza “Natasha” Boldyreva – violin), è stato date alle stampe “Intercepted Message” (In the Red Records), che fonde punk, post punk, psichedelia, garage rock e progressive in modo tanto surreale quanto esplosivo, come da subito messo in chiaro con la traccia d’apertura “Stunner”, in cui sintetizzatori e unisoni nella migliore tradizione “prog” anni settanta (a tratti sembra apparire l’anima di Keith Emerson) si alternano a un cantato che vira verso il punk.
Con “Blank Chems” si inizia ad alzare il tiro e ad immergersi in un mondo che evoca reminiscenze da The Residents e Chrome.
In “Intercepted Message” emerge dalle profondità un “paradossale” gusto anche per il synth pop che diviene però deviato all’estremo per sfociare nel funk apocalittico e cibernetico di “Die Laughing” in stile Devo in cui le destrutturazioni abrasive si (auto)esaltano.
Con “Unusual & Cruel” il registro non muta anche si assesta su trame a tratti da rock psichedelico di fine anni sessanta.
Chiude il side A “The Fish Needs a Bike”, ossessiva e martellante cover dei Blurt che omaggia la tradizione con spunti che partendo da Ted Milton evocano James Chance.
Il tempo di girare lato al vinile e “Goon” è un altro gioiello di post punk schizzato in cui l’elettronica ricama decorazioni oblique.
In “Chaos Heart” torna il prog contrapposto a una sorta di “wave” che dagli XTC di “Drums and Wires” lambisce i primi Talking Heads … per spingersi oltre.
“Submerged Building” è un esatto synth-punk-rock che arriva ad ironizzare fin anche sui virtuosismi nell’assolo centrale.
“Sleazoid Psycho” è una perla, tra i più bei brani del disco, dove tornano i Chrome vestiti da Frank Zappa e J. G. Thirlwell che suonano uno psicotico post punk da inseguimento folle, urbano lungo le (auto)strade di un futuribile collasso tecnologico.
La follia la si raggiunge con i sette minuti di “Always at Night” e con la conclusiva “LADWP Hold” (traccia fantasma sul vinile e così chiamata nel formato liquido), non perché i brani siano folli in sé (anzi tutt’altro, sono i più ordinari del disco), ma per la rottura creata dall’inaspettata atmosfera da synth pop morbido, romantico, notturno da lume di candela per “Always at Night” e da “LADWP Hold” che altro non è che la celebre “Opus No. 1” nella versione telefonica di Tim Carleton e Darrick Deel … esatto finale “in attesa” di ciò che avverrà per il futuro.
Da segnalare, infine, la recente pubblicazione di “Live At Levitation”, a nome Thee Oh Sees, contenente registrazioni del 2012 all’Austin Psych Fest, che va ad arricchire il catalogo delle esibizioni dal vivo, contenete “classici” come “The Dream”, “Devil Again” … e sopratutto l’intramontabile meravigliosa “Block Of Ice”, risalente ai tempi di “The Master’s Bedroom Is Worth Spending a Night In” e qui estesa a oltre tredici minuti di poesia.
https://www.theeohsees.com/