Anna Lena Bruland, in arte EERA, cantante norvegese di nascita ma vivente a Londra, debutta con un disco onesto, ruvido (a tratti selvaggio e migliorabile in termini di arrangiamenti e raffinatezze), diretto, forte, che alterna momenti punk di chitarra elettrica e voce a canzoni più strutturate su ritmi di batteria e basso, che si muovono verso lo psichedelico.
Reflection of Youth come dice il titolo è una lunga riflessione in dieci capitoli sulla giovinezza dei vent’anni, che EERA si è appena lasciata alle spalle, un’età nella quale, dice lei, la società norvegese pretende “che tu abbia capito già tutto”. I dieci capitoli musicali sono stati composti prevalentemente nelle ore notturne (“quando introspezione e ricerca dello spirito arrivano naturalmente”) e si pongono di individuare uno scopo e una via dalla confusione, una forza da trovare passando per la debolezza, e focalizzano momenti di passaggio della vita adolescenziale come l’edonismo e la voglia di mandare tutto al diavolo (I wanna Dance) o il passare dall’appoggiarsi agli altri a contare su se stessi (Christine, Living, Survived)
Prodotto da Nick Rayner, il disco viene dopo un EP di debutto che è stato ben recensito da The Sunday Times e Time Out New York, che ha nominato Drive with Fear (non compresa nel disco) tra le migliori canzoni del 2016.
Secondo EERA, “è stata un’esperienza strana sentire a distanza l’EP e capire quanto differenze e più potente il nuovo disco suonava rispetto all’EP. Prima le canzoni suonavano come se stessi gentilmente bussando alla porta, cercando di entrare, ora suonano come se fossi già entrata. E’ importante essere vulnerabile, non essere spaventata nel mostrare emozione e essere aperta alle persone intorno. Tutti affrontiamo problemi perciò perché non affrontarli di petto e in faccia?”
Saggia riflessione, che sembra tradursi nelle canzoni in impeti più tosti e alternative-punk, come in I Wanna Dance, Living o Beast, ma che spesso lascia spazio a momenti più riflessivi e intimi, quasi sempre di sola chitarra e voce, che poi sono i migliori del disco, come la splendida 10.000 voices, o Christine, o la dolce (un po’ retorica) Survived, o Reflection of Youth, notturna e intensissima. Veri capolavori poi sono Watching You, in cui sembra una rediviva Jeff Buckley al femminile, e Trust, psichedelica e floydiana al massimo.
In tutti i casi la splendida voce di Anna, piena di sfumature che vanno dal cupo al falsetto, accordi spesso dissonanti e cambi di ritmo che la paragonano a Joan as Policewoman di cui si sente forte l’influenza, e una chitarra graffiante e dissonante, che la fa da padrona negli arrangiamenti, lasciando poco spazio ad altri strumenti e ricordando perciò le particolarissime sonorità di gente come Radiohead e White Stripes, rendono questo disco un debutto interessantissimo, perché Anna ha uno stile, riconoscibilissimo e originale, che può diventare un marchio di fabbrica innovativo.
Di sicuro, c’è già una personalità musicale prorompente, che fa fatica a stare dentro le dieci tracce di questo disco. Tutti da seguire quindi i prossimi straripamenti notturni.
autore: Francesco Postiglione