I Landing sono i coniugi Aaron e Adrienne Snow, al primo album con la K Records dopo diversi lavori pubblicati su etichette differenti. I Landing suonano un pop-rock minimalista, spacey, slabbrato, e questo è un bene. Somigliano molto ai Low (da Duluth, chiaro), e questo può essere un bene o un male.
È la band-non-di-Duluth più di Duluth che ci sia in circolazione. Almeno, è quello che si dice in giro, anche se a me non pare: i Low non li reggo, mentre “Passages Through” è pura psichedelia al rallentatore. Canzoni che si aprono quando devono, senza fretta, che si inerpicano fino a raggiungere i 14 minuti di ‘Breathing’. Canzoni costruite su idee apparentemente semplici, che riflettono profondità post-rock e tradiscono attitudini shoegaze (‘Close Your Eyes Slowly’).
Ottimo il clima sospeso fra acustico e digitale creato da ‘Wrapped Up in Flight’, un vero trip avvolgente, così come l’iniziale ‘Wings of Light’, che esprime una malinconia delicata ed impalpabile tipica della California lisergica degli anni ’60 (i cori in ‘Hold Me Under’, gli accenti di ‘It Is Shining’), richiamata anche dalla copertina dell’album. ‘To See You’ dimostra che il marito Aaron e la moglie Adrienne sanno mettere in piedi un bel pezzo, che dovrebbe far riflettere chi troppo frettolosamente procede ad assimilazioni che non reggono ad un ascolto attento. Lentezza ed immagini, insomma, che si sviluppano in un clima a tratti disteso, a tratti oscuro, che fa dei Landing una valida alternativa a gruppi più noti, ma che hanno ormai poco da dire.
Autore: Andrea Romito