Non ci ha ferma il pranzo della vigilia ne quello natalizio, tanto meno i chilometri sulla Salerno – Reggio Calabria sotto un cielo che promette vento e pioggia. E’ troppo forte la curiosità di assistere all’esibizione dei Bud Spencer Blues Explosion per i loro due album che ci hanno davvero impressionato e per l’ottima fama dei loro live descritte come a dir poco incendiarie. Arriviamo in una Salerno piena di gente e luci e ci dirigiamo quindi verso Santa Sofia, una location abbastanza insolita per un concerto di una band indie. La sala non è neanche tanto ampia, vi potranno entrare un duecento persone, e lo spazio riservato ai musicisti è allo stesso livello del pubblico, cosa che, già immaginiamo, renderà quasi impossibile avere una visuale buona durante il concerto a meno di posizionarsi nelle prime due file.
Certamente l’ambientazione (e l’organizzazione, ndd) non è all’altezza del prezzo del biglietto (10 euro), un po’ troppo caro. Nell’attesa intanto un DJ spara R&B a raffica e quattro ragazzi con cappelli di babbo natale improvvisano un trenino, parte anche un Vorrei la pelle nera di Nino Ferrer che, in occasioni come queste, fa ancora la sua porca figura.
A dir la verità abbiamo più l’impressione di sentirci ad un veglione del liceo, solo con meno luci e festoni, piuttosto che ad un concerto di una delle band emergente.
D’altro canto tutti fumano e bevono tranquillamente e quindi non c’è che dire si annuncia proprio una seratina indie coi fiocchi.
Finalmente, dopo un ora d’attesa, un paio di accordi di blues introducono Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio. Sono le note placide di Mi addormenterò che danno avvio al concerto, un attimo di quiete prima che il duo romano con Hamburger e Rottami si produca in un vero assalto sonoro.
La scaletta comprende principalmente i brani di Do It, che sono però proposti senza fronzoli con un piglio hard rock che non lascia spazio al respiro. Ad incorniciare la serata ci sono infine tre cover come la selvaggia ed incalzante Hey Boy Hey Girl dei Chemical Brothers, pura energia elettrica che infiamma e trascina il pubblico (nel frattempo i babbi natale hanno preso anche a pogare) con un mix di suoni lancinanti e ritmica crescente. Dark Was the Night, Cold Was the Ground di Billie Willie Johnson regala, in mezzo a tanto furore, attimi insperati di pace. Ed infine la personale rilettura di Killing in the Name dei Rage Against the Machine. I due ragazzi hanno classe potenza e carisma da far impallidire i più scafati.
Adriano Viterbini possiede una tecnica chitarristica tale da poter giocare con registri differenti dal blues al grunge passando per l’hard rock anni ’70, è davvero un peccato che non sia altrettanto dotato dal punto di vista della voce. Cesare Petulicchio ha invece un drumming instancabile, pura adrenalina. Mai una band italiana ci aveva trasmesso tanta energia positiva e per questo, dopo circa un ora, c’è ne andiamo via un po’ con il broncio perché avremmo gradito un supplemento ulteriore di musica ma evidentemente il tour che sta portando i due in lungo e in largo per lo Stivale (il giorno prima erano segnalati a Cesena) deve aver prosciugato molte energie. Resta tuttavia forte la convinzione che i due, con il loro blues malato e anfetaminico, siano, non volendo scomodare calibri come Zeppelin o Queen of the Stone Age, quanto meno una riuscitissima via di mezzo tra White Stripes e Black Keys. Certamente i fiori più belli nel giardino dell’ alt-rock nazionale. Se passano dalle vostre parti non dovete perderveli.
Autore: Alfredo Amodeo
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