Arrivano per la prima volta a Roma, al teatro Quirinetta, i Preoccupations, precedentemente conosciuti come Viet Cong: quartetto canadese di Calgary che agli inizi dell’anno passato ha dato una ventata di aria fresca nell’ambiente post-punk col loro album d’esordio dal nome (all’epoca omonimo) Vietcong.
Si esibiscono dapprima i Joyfultalk; duo di supporto canadese che si cimenta in manipolazioni elettroanalogiche, anche se si capisce dalla scarsa affluenza – il numero di spettatori era comparabile col numero dei fotografi – che si tratta solo di un timido antipasto.
Pochi minuti di pausa e si scorgono ad uno ad uno i membri dei Preoccupations, saliti sul palco per controllare la strumentazione e rifornirsi di birra. Dopo non molto una coltre di fumo preannuncia l’inizio definitivo dell’esibizione e la folla si moltiplica immediatamente.
Prende la parola il cantante/bassista Matt Flegel che dopo uno stentato “bonasera” e una brevissima introduzione apre le danze con Anxiety, primo singolo estratto dall’ultima loro fatica, Preoccupations. Fa subito eco Silhouettes, canzone tra le più famose della band, come per mettere in chiaro che il nome può pure essere cambiato, il sound può essere leggermente diverso; però loro sono sempre gli stessi. E infatti l’entusiasmo cresce, grazie al cantato feroce del frontman, agli intrecci creati dai due chitarristi e dal tempo serrato dettato della parte ritmica, che nel finale esplodono in un caos controllato tipicamente noise. Nemmeno il tempo di riprendere fiato che è il momento di March of Progress, sempre dell’album precedente, che con la sua implacabile e inconfondibile batteria ipnotizzante porta per mano lo spettatore verso l’epilogo tra i più caleidoscopici della serata.
L’atmosfera si è scaldata, il batterista si toglie la maglia, il palco è completamente invaso da fumo reso rosso. Dopo un breve intermezzo improvvisato tocca a Continental Shelf, altro loro “classicone” che alza ulteriormente il coinvolgimento del pubblico. Però basta col passato, si deve guardare avanti e i Preoccupations si tolgono i vestiti da Viet Cong (per ora) e abbandonano (quasi) le chitarre per dedicarsi ai synth, sfornando una sequenza di nuovi brani inframmezzati da parti improvvisate. Si parte da Memory, dall’intro marziale e da un ending con suoni decisamente ambient, poi si ha Monotony, forse tra i brani più pop della serata e quindi Zodiac.
Anche se sembra che sia passata solo mezz’ora, la band sta suonando da quasi due ore senza pause e senza freni, quindi il già citato frontman si prende un attimo per presentare i suoi compagni di viaggio: si hanno alle chitarre/synth Scott Munroe, dalla chioma indistricabile e dalla barba degna di un Marx più in forma che mai, e Daniel Christiansen, minuto e timido ma dalla grande energia sul palco. Fa seguito il batterista più platinato della storia, Mike Wallace, che scatena l’ovazione del pubblico e, appunto, il secco bassista Matt Flegel. Questi ultimi due suonano insieme da anni, erano infatti entrambi membri della ormai defunta band Women e il loro affiatamento come sezione ritmica è evidente.
Breve brindisi con gli spettatori e si riprende con un altro brano nuovo, Stimulation, che con le parole “I’m gonna die” urlate a squarciagola preannuncia in qualche modo il pezzo conclusivo che tutti si aspettavano: Death. Chi ha già visto qualche loro live saprà già ciò che li aspetta: questa canzone, dalla durata nominale di 11 minuti, viene dilatata ulteriormente, in un crescendo di chitarre schizofreniche e affilate, batteria inarrestabile e risvolti noise a volte cacofonici, fino ad arrivare alla sezione finale, più lenta ma portatrice di headbanging immediato, cosa non facile considerando un pubblico sì caloroso, ma abbastanza impostato.
E in un attimo il gruppo ha già abbandonato il palco, lasciando gli spettatori un po’ spiazzati ma sicuramente soddisfatti.
L’impressione generale è, però, che i brani del nuovo album funzionino meno rispetto a quelli del loro lavoro precedente, decisamente i più accattivanti e coinvolgenti tra tutti quelli dello spettacolo.
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autore: Davide Di Gioia