E così, in un battito di ciglia, è arrivato il secondo album. I nostri The Shak & Speares, come band, sono giovanissimi, tre anni e poco più. In questi ultimi tempi hanno bruciato le tappe ma sempre con consapevolezza e Dramedy non è il “fatidico” terzo album che per ogni band segna una linea tra l’immaturità artistica e quel senso di crescita che non attende altro di essere dimostrato. Dramedy ha le spalle grosse, non per altro è figlio del debut album Gagster che subito li ha fatti conoscere nel circuito nazionale, incuriosendo anche storici pionieri del punk anglosassone come Vic Godard ed alcuni addetti ai lavori del giro londinese.
Per il quartetto pompeiano questo nuovo lavoro è un ulteriore passo verso la maturità, quindi, un disco che conferma le ottime doti di scrittura e di arrangiamento, aspetti che mancano a certi gruppi ben più blasonati. Una maturità che non sacrifica l’irriverenza punk e la genuinità di certo furore giovanile che spesso i musicisti perdono per strada. E’ l’ironia la chiave di tutto e non a caso etichettare la loro musica come là-là-là- sound la dice lunga circa lo spirito dei fratelli Marlowe.
Il titolo Dramedy non è altro che il manifesto del gruppo, una parola che unisce due scuole teatrali opposte: dramma e commedia. La loro commedia-drammatica però finisce sempre tra palloncini colorati, coriandoli e risate. Una forza che sdrammatizza posizioni seriose, talvolta patetiche, di certa musica italiana.
The Shak & Speares è un mondo complesso, molto più facile da capire guardando i video clip che producono ad ogni album (sono già a quota sei) oppure dal vivo. Un live del quartetto è molto energico, coinvolgente e ballabile. Cori, ritornelli easy, sudore e sorrisi si mescolano grazie a furibondi brani che in Dramedy prendono i titoli di Stuck in a Bottle, No Pray, No Pay, o più riflessivi come Dreamland ma dal piglio catchy. Echi western li troverete in Criminal Prayer, mentre con Sailor’s Promises e Subway in Love vi sarà chiaro come certe influenze folk-pop degli anni duemila (The Wombats, 1990s, Los Campesinos!, Clap Your Hands Say Yeah) abbiano caratterizzato la loro scrittura.
The Shak & Speares, che lo vogliate o no, sono una realtà dalla quale non è possibile prescindere. Se è vero che in Italia stiamo vivendo un periodo fertile, con tante valide band, i “nostri”, a differenza degli altri, sanno gestire il tempo, elemento base che deciderà chi andrà avanti e chi si fermerà. Questi ragazzi stanno dimostrando di avere idee chiare e pazienza certosina così d’allargare una fan-base che li porterà lontano.
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autore: GianDino Daino