Da Catania, un bizzarro progetto cantautorale indipendente, piuttosto selvatico e sopra le righe, ma meritevole di attenzione, capace di allinearsi alla nuova leva di Brunori sas, Dimartino, Dente e Colapesce – in Mapuche c’è il multistrumentista Michele Urciullo – e tuttavia di portare in dote una nuova spinta situazionista, provocatoria, capace di pescare tanto dalle Mothers of Invention, quanto da Giorgio Gaber, Rino Gaetano, Faust’o, dal primo Bugo nonché dal Roberto Benigni di opere come Berlinguer ti Voglio Bene e Chiedo Asilo.
Tanto nonsense, in una convivenza difficile di umorismo e amarezza, in un disco in cui dietro ogni parolaccia si nasconde una piccola solitudine o delusione, e soprattutto una voglia incontenibile di comunicare col prossimo, come in ‘Malvolentieri’, e di essere percepiti per come si è realmente, ad esempio in ‘L’uomo Nudo’.
L’autocommiserazione – ‘La Parte Peggiore’ – di Enrico Lanza, autore e figura centrale del progetto, finisce per ripiegare troppo i testi in sé stessi, mentre le musiche, chitarristiche – egregiamente sulla falsariga dello storico cantautorato italiano impegnato, quello di Lolli e Guccini – accompagnano la voce graffiante e di gola, in un vortice di emozioni, sconfitte ed improbabili sogni di riscatto.
Alcuni ritornelli – ‘Che Fine ha Fatto il Subbuteo?‘ – fanno centro, mentre altri momenti – ‘Io non ho il Clitoride’ – riescono nel loro intento di risultare disturbanti; ‘L’Atto Situazionista’, che vanta la comparsata di Cesare Basile all’ukulele, si propone come trattato di ribellione finalmente concreta, codificando un po’ tutta la filosofia di Mapuche, progetto in ogni caso meno banale di quanto potrebbe sembrare dalla copertina del disco.
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