Il polivalente Jon Thor (Jónsi) Birgisson, conosciuto magari solo come leader dei Sigur Ros, espone in realtà da anni con lo pseudonimo di Riceboy Sleeps le sue opere grafiche. Quest’album, edito per la Parlophone e distribuito da Emi, è il commento a quelle opere, e nasce da un pezzo, Happiness, commento musicale di una di queste opere, scritto per una compilation, che ha dato poi il via agli altri.
Come tutti gli album solisti (anche se qui c’è anche il contributo di Alex Somers, il suo compagno) dei leader di una band importante, la domanda è la solita: Perché? Perché un progetto solitario se poi le sonorità, le strumentazioni, l’ispirazione di fondo sono le stesse che accompagnano i lavori ufficiali della band (accade a Jonsi come a moltissimi altri)? Qui la risposta si può trovare forse nel fatto che i nove percorsi musicali di questo esperimento sono più strumentali ed essenziali di quanto Jonsi ci ha abituato con i Sigur Ros. Sono più sfumati, onirici, evanescenti, più di quanto forse le esigenze commerciali per un album targato Sigur avrebbero consentito. Anche se proprio per i Sigur Ros parlare di esigenze di mercato è difficile: Jonsi e gli altri ci hanno già abituato a scelte estreme e lontane dalle esigenze di vendita. E allora, perché? Meglio non chiederselo, e godere di queste melodie purissime, ispirate agli elementi, acqua, (Atlas Song, Boy 1904), vento (Indian Summer, Howl) e aria (Happiness, Daniell in the Sea, Sleeping Giant) soprattutto, protagonisti nei richiami del violino o della tastiera, suggestivi e come sempre angelici, quasi provenienti da un’altra dimensione. L’unico difetto sarà forse che i nove pezzi si dissolvono l’uno nell’altro senza soluzione di continuità, e nella loro essenzialità sembrano essere sfumature diverse di un’unica ispirazione, un’unica scia melodica di fondo su cui si innestano a tratti rumori di natura, linee di piano e di archi, e impalpabili cori.
I Sigur Ros ridotti all’essenza, insomma, il che è quanto dire: questo forse il concetto portante di un esperimento riuscito, anche se, probabilmente, non necessario. Suonato esclusivamente con strumenti acustici in Islanda (con la partecipazione delle solite Amiina, insieme al coro di Kopavogsdaetur), poi rivoltati al computer, ‘Riceboy Sleeps’ ha decisamente un “tocco organico”; i suoi sibili che sembrano onde e flutti della marea, pulsazioni e distorsioni, e in Howl, versi di animali, grugniti, sbuffi e fusa. Ed è comunque profondo e con aspirazioni spirituali. Un disco fuori dal tempo e dello spazio, come e più di quanto i Sigur Ros ci hanno già regalato.
Jónsi & Alex – Daníell in the sea from Jónsi & Alex on Vimeo.
Autore: Francesco Postiglione