Quasi contemporaneamente all’ultima uscita dei Mudhoney, esce il terzo disco dei Monkeywrench guidati da Mark Arm e Steve Turner, rispettivamente cantante e chitarrista del gruppo capostipite del grunge. In questo progetto Arm oltre a cantare, suona anche le tastiere, la chitarra ed il sintetizzatore, mentre Turner si diletta con il basso. Per chi non li conosce i Monkeywrench sono nati nel 1991 e sono formati anche da Tim Kerr alla chitarra, armonica e cori, ex chitarrista dei Big Boys e dei Poison 13, da Tom Price all’altra chitarra, ex dei Gas Huffer e da Martin Bland che proviene dai Primevils e dai Lubricated Goat. Questo quintetto si esprime nel miglior garage rock in circolazione, per darvi dei parametri, pensate ovviamente agli ultimi Mudhoney, che vanno nelle cantine dove incontrano i Dirtbombs e recuperano tutto il garage-beat dei primi anni ’60. I loro brani sono densi del miglior rock’n’roll, trasudano blues, ora hard, ora con le sincopi didleyane, saltuariamente sperimentano qualche anfratto psichedelico, ma è roba di poco, perché la loro urgenza espressiva è quella di un rock compatto ed immediato. Speriamo che per il prossimo disco non
dovremo aspettare altri otto anni, dato che il loro secondo lavoro “Electric
children” risale al 2000. In ogni caso godiamoci e teniamoci ben stretto il rock di questi splendidi quarantenni.
Autore: Vittorio Lannutti