Avevano cominciato in cinque, erano passati a tre, ora sono ufficialmente quattro anche in studio. Tra inevitabili cambi nella lineup -dovuti a ripensamenti di modi e maniere- la band svedese giunge alla terza prova lunga che rappresenta un eloquente passo avanti nella comprensione di quello che altrimenti rischiava di essere un messaggio anonimo, soprattutto a livello musicale. Insieme, sviluppo, illuminazione: le parole che dovrebbero spiegarne il contesto -infatti- non riescono a dare il senso pieno di un’opera che risulta molto complessa fin dalla copertina (un tronco di statua d’uomo che sembra dibattersi attraversato e imprigionato da linee cinetiche).
Fortunatamente proprio la musica va oltre -e risolve la questione- disegnando uno scenario da “Chernobil al crepuscolo, la sagoma delle centrali nucleari da sfondo ad una metropoli alla Blade Runner sovraffollata, scura, sporca e dal sapore acre di olio e ruggine”. Questo lascia immaginare l’ascolto del disco. Buono, decisamente.
Ricordo che all’epoca del secondo “Artificial Supernova” ne avevo criticato una sorta di distacco studiato che rendeva le composizioni -comunque ben articolate- lontane dall’effettivo trasmettere sensazioni vere. Questa volta invece -salva la matrice tecnoindustrial death- i nostri ci mettono il cuore, unito ad una buona dose di accattivante thrash and roll.
Ne viene fuori un lavoro dignitosissimo, lontano dalla strada che avrebbe potuto portare a quelle che definirei -da vecchio amatore- suggestioni alla Nocturnus ma di certo meglio assemblato dell’album precedente. Merito di una produzione delineata e poco computer e di un sapiente uso dei suoni e delle campionature cyber. Fulminante apertura come da copione: “Prokill” vi accoppa subito con il suo riffing acuminato e la ritmica incessante che se -alla fine- la testa dovesse ancora essere al suo posto potrete forse gustarvi anche “Riot Revelation”. Una doppietta che stenderebbe un elefante. Nell’acida “Scalpleech” emerge la vena melodica che accompagna da sempre il metallo scandinavo, ma subito risale l’adrenalina con la martellante “Bubblegum Generation” e la seguente “Swallow the Holy Piss” ma il clou è una energica marcetta intitolata “Silicone Animation”. Finora s’era seminato, ragazzi ora bisogna iniziare a raccogliere.
Autore: Antonio Mercurio