Dopo aver affiancato Mulatu Astatke in una felicissima collaborazione da noi più volte ricordata, gli Heliocentrics di Malcom Catto sembrano proprio averci preso gusto e proseguono senza soste nel loro percorso di riscoperta e riattualizzazione di radici ethno e jazz, affiacandosi questa volta al multistrumentista americano Lloyd Miller.
Nato nel 1938, negli anni Cinquanta Miller si trasferì al seguito della famiglia in Iran per motivi di lavoro del padre (un clarinettista professionista) e là, lui già appassionato di jazz di New Orleans, si incuriosì delle musiche locali ed imparò a suonare molti strumenti tipici mediorientali.
Dottoratosi in etnomusicologia presso la Utah University con una tesi su “Musica e canzone in Persia”, suonò negli anni Sessanta in tutta Europa al fianco di jazzisti come Don Ellis ed Eddie Harris (il suo disco “Oriental jazz” è stato con successo ristampato di recente in cd) e negli anni Settanta fece ritorno in Iran, dove con il nome di Kurosh Ali Kan prese parte al varietà musicale televisivo “Kurosh Ali Kan va Dustan”.
L’ultimissima tappa di questo breve (e naturalmente incompleto) profilo biografico è rappresentata dall’incontro con gli Heliocentrics, e negli arrangiamenti mediorientali di brani come “Pari Ruu“, “Charhargah“, “Rain dance” e “Sunda sunset” prende nuovamente forma l’oriental-jazz di Miller, mentre “Spirit jazz” – languide note di piano, percussioni ipnotiche e fiati svolazzanti – è una nuova versione del suo classico “Massom“.
Altrove – nelle liriche masticate sul free-jazz di “Lloyd lets loose” e nel groove incalzante di “Latin” – l’impronta di Malcom Catto pare palesarsi maggiormente, ma in generale il suo contributo sembra messo rispettosamente al servizio della visione multietnica di Miller, dimostrando ancora una volta la capacità degli Heliocentrics di farsi sodali interpreti di tradizioni musicali di volta in volta diverse. Una scaletta profumata d’Oriente, psichedelicamente avvolta in un alone spirituale ed ottimamente incorniciata dall’artwork dell’illustratore Alex Williamson.
Autore: Guido Gambacorta