Fa sempre piacere raggiungere il mare per chi proviene dalla città in queste giornate caldissime, tanto più per affacciarsi su quel tratto del golfo di Napoli che con le rovine archeologiche dell’industria del ferro Italsider, segnano il limite dell’area metropolitana e delle sue profonde contraddizioni, arrivate al limite della farsa grottesca per gli interessi della speculazione edilizia ai piani di riqualificazione dell’ex area industriale di Bagnoli.
Tuttavia la collocazione avvenuta gia da qualche anno proprio su quei suoli tanto appetiti, del Museo della Città della Scienza e delle sedi di alcune importanti fondazioni, sono un segnale importante che le istituzioni cittadine hanno voluto affidare al mondo della cultura, della ricerca e dell’arte, prospettive alle quali anno dopo anno vanno rispondendo le numerose rassegne in allestimento.
È nell’ambito di una di queste proposte che si sono esibiti in uno spazio all’aperto dai contorni ricercatissimi non privo di richiamo alla passata civiltà industriale, in formazione quasi completa i nostri beniamini Tuxedomoon, interpreti insieme a pochi altri gruppi, di una estetica new-wave dalle caratteristiche esemplari e riconoscibili, particolarmente apprezzate nel nostro paese, dove Steven Brown, Blaine L.Reininger e Peter Principle raccolgono ancora parecchi estimatori.
Che anche stavolta si sono avvicinati, non numerosissimi ed in maniera un pò svogliata, all’ennesima reunion del gruppo, per un tour che mostra dei musicisti ormai alla corda e anche notevolmente svogliati, soprattutto alla riprova dei brani più famosi, “Desire” su tutti, annunciato a malapena ed eseguito anche peggio, forse addirittura con qualche nota di smarrimento.
Non sembrano da meno le “nuove” per modo di dire proposte del gruppo, che occhieggiano e fanno il verso ai brani storici, travestiti da una falsa modernità costruita al processore, resa ulteriormente fastidiosa ed ingannevole dalla performance di una specie di cameramen munito di telecamerina digitale, che stando letteralmente seduto in mezzo alla scena, faceva roteare l’attrezzo come per le riprese della gita del liceo elaborando immagini che, mandate in real-live sullo schermo, disperdevano l’attenzione dello spettatore rappresentando una show che in quel momento non stava effettivamente avvenendo.
Autore: g.ancora