Eloisa Atti immagina in questo disco una narrazione delle strabilianti vicende dell’Odissea attraverso una successione di blues incentrati sui protagonisti più significativi catturandone di ciascuno l’essenza più tipica, che poi a pensarci può essere ricondotta sempre ad uno slancio comune che nella semplificazione si fa paradigma dell’essere umano, ovvero una forma di ossessione: tutti, nel poema di Omero, perseguono con incrollabile tenacia un fine proprio al quale dedicare ogni energia, nel bene e nel male, e così il destino ed i capricci degli Dei sembrano essere l’allegoria di un’umanità di naufraghi, che caoticamente fanno un tratto affiancati, ma poi inevitabilmente devono lasciarsi attratti da forze più grandi di loro.
Eloisa Atti mette a fuoco ogni dettaglio narrativo, rispetta le vicende sia filologicamente che emotivamente, ricorrendo cioè al ritmo ai suoni ed ai toni di volta in volta più adeguati – dall’umorismo brioso di ‘Scilla e Cariddi‘ alla tenerezza di ‘Telemaco‘ che parla diretta al cuore con parole acutissime – con musiche prevalentemente acustiche agitate però da un piano elettrico blues che contamina di modernità un impianto sonoro che omaggia la tradizione musicale mediterranea – dal sirtaki alla musica iberica ed araba… – mentre le doti vocali di Eloisa Atti caratterizzano il disco caricandolo tanto di colori jazz quanto di immediatezza pop.
La cantante polistrumentista bolognese, ex componente dei Sur, attiva discograficamente anche in duo con Marco Bovi (chitarrista decisivo su questo disco) e poi col proprio Jazz Quintet e vari altri progetti, realizza dunque un disco d’esordio a proprio nome molto piacevole e vario in cui tra l’altro le musiche aderiscono bene alle storie, e così l’esorcismo, vero e proprio mantra spiritato, sussurrato, di Penelope che trova la forza di restare in un angolo in silenzio per non tradirlo, quando riconosce il marito tornato dopo 20 anni ed in procinto di compiere la propria vendetta contro gli usurpatori in ‘Mendicante‘, è accompagnata da un tamburo marziale, rituale, e da inquietanti violino+violoncello, mentre in ‘Punto di Vista‘, blues ancora sorretto dal piano elettrico prossimo al Capossela dei bei tempi andati, c’è un gustoso dialogo tra il gigante ed Ulisse con sottotesto sul dovere di accogliere in amicizia gli stranieri giunti in Sicilia dal mare; il carattere femminile della vicenda è poi chiaro, con l’omaggio alla passionale Calipso, la focalizzazione dei tanti momenti in cui Penelope è protagonista e la splendida ‘Circe‘, sospesa nelle sonorità tra Grecia (ospite il bouzouki del greco Vaggelis Merkouris) e Persia, senza dimenticare ‘Il Roseto‘; poi Omero autore allegramente contestato e preso in giro in ‘Barbabianca’, swing con un allegro coro nel ritornello. Disco prodotto da Francesco Giampaoli, quello del bellissimo Danza del Ventre, copertina dipinta da Enzo Puleo, Penelope è un disco italiano importante, riuscitissimo, che sfugge al rischio di pedanteria nell’incontro con la letteratura e lo fa con leggerezza e sentimento. Insieme.
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autore: Fausto Turi