Dario Brunori è uno dei miei più recenti innamoramenti. Vol. 2 – Poveri Cristi l’ho ascoltato e riascoltato quasi da mandarlo a memoria. Per questo mi approssimo alla serata con un po’ di timore. I nostri cantautori si sa sono più facili all’introspezione piuttosto che al confronto aperto con il pubblico e la prova del palco alle volte riserva profonde delusioni.
Ne abbiamo avuto conferma di recente assistendo ai concerti di due degli astri più acclamati del panorama indie nazionale. Con nostra gioia invece Dario Brunori non delude. Le luci si spengono all’improvviso, il nostro amico sale sul palco e il concerto ha inizio sulle note di Il pugile e subito un applauso caloroso sale dal pubblico. Bastano infatti poche battute per intuire subito la grande forza di Dario nel fotografare, con lucidissimo realismo, l’allegria e il disincanto, la rabbia e l’amore del nostro vivere quotidiano.
Il nostro amico si dimostra poi un perfetto intrattenitore, riuscendo, fra un brano e l’altro, a strappare risate con un continuo scambio di battute con il pubblico, pienamente consapevole di come gran parte della riuscita di un concerto dipenda dal legame che si riesce a stabilire con esso, dall’energia che si riesce a trasmettere e che torna indietro quasi in osmosi.
L’atmosfera è rilassata e il pubblico si lascia trascinare, battendo il tempo e accompagnando il cantautore cosentino, magnificamente sostenuto da Dario Della Rossa (tastiere) e Mirko Onofrio (sax, flauto, xilofono percussioni).
A completare il climax della serata, in perfetto equilibrio tra profondità e leggerezza, contribuiscono non poco anche i nuovi arrangiamenti acustici che suonano intimi e caldi, a riprova di un discorso musicale non legato solo al mero stereotipo del cantautorato nostrano. Infine c’è la voce di Brunori che ricorda quella di Rino Gaetano e non riesco ad immaginare complimento più bello.
In un’atmosfera festosa si sussegue quindi il meglio da Vol.1 e da Poveri Cristi – Vol.2, repertorio interpretato con quell’indole ironica e umile propria da chi fa della musica una passione e non solo un mestiere. Ed ecco quindi Lei, lui, Firenze, Il suo sorriso, Fra milioni di stelle, Italian dandy, La mosca a cui si affiancano gli ultimi brani come L’asino e il leone, Meglio di niente, Cuore a pellet, tratti dalla colonna sonora del film “E’ nata una Star?” Brani quest’ultimi forse in tono leggermente minore, tuttavia piacevoli e giocati su di una vena un po’ surreale.
I momenti più belli sono però quelli più intimi e minimali come nella struggente e riflessiva Una domenica notte o nel dialogo con un padre che non c’è più di Bruno mio dove sei: < < Bruno mio ma lo sai/i nipoti stanno crescendo/ogni tanto mi chiedono di te/se dal cielo tu li stai guardando/ e ogni sera cento “ave marie”/quel rosario lo sto consumando/ e mi sento una bambina anche io/quando sogno che mi dormi accanto/perché non è facile/sapere che non tornerai mai più/che questa casa enorme ha poco senso se non ci sei tu/su questo vecchio divano guardo una foto e non lo ammetterai/mi hai amato da sempre, anche se non me l’hai detto mai>>.
In sala cala un silenzio magico, come se il pubblico non volesse rovinare un momenti carichi di tanta bellezza. Ne Il giovane Mario Dario abbandona per la prima volta la sua chitarra per spostarsi alla pianola e cantare l’illusione di una vita migliore che si consuma tragicamente alla slot-machine. Lo spettacolo si chiude infine con una veloce versione folk di Rosa con il ritmo scandito quasi ossessivamente dalle tastiere.
I musicisti si congedano ma nessuno è stanco o ha voglia di andar via. Pochi minuti e sono tutti di nuovo sul palco, richiamati a gran voce. Il rito del bis porta un intenso omaggio a Lucio Dalla con E non andar più via.
Infine l’apoteosi con una travolgente Guardia ’82, invocata fin dai primi istanti del concerto. E con tutto il pubblico in piedi che canta la nostalgia per un’adolescenza vissuta spensieratamente negli anni ‘80, non si può fare a meno di pensare come le storie di Dario Brunori siano proprio le storie di tutti, quelle capaci di legare le generazioni, di vivere al di là del tempo.
Trovare difetti in una serata come questa è quasi impossibile. Finisce così con il pubblico estasiato che ringrazia sincero e magari, uscendo nel freddo di una notte che dovrebbe essere primaverile, avrà pensato con me come quel tizio coi baffi abbia tutte carte in regola per essere un fenomeno, ben al di là, per una volta, dell’universo indipendente.
Autore: Alfredo Amodeo
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