Dopo la pubblicazione del suo notevole, straziante disco ‘Failing Songs’ intervistiamo Matt Elliott – noto anche, nell’elettronica, come Third Eye Foundation, ma da qualche anno dedito ad una parallela carriera solista acustica – e con sorpresa raccogliamo lo sfogo di un artista cui non pare interessare granchè promuovere le sue canzoni, quanto piuttosto urlare al mondo intero la sua rabbiosa visione delle cose. Ha voglia di parlare, Matt Elliott, e lo fa senza mezzi termini, con una foga sorprendente. Ecco l’intervista che non t’aspetti.
Ciao Matt. Leggo, sul tuo sito web ufficiale, l’amara presentazione che fai al nuovo album ‘Failing Songs’; lì scrivi, in particolare: “nessuna persona obiettiva può davvero guardare al mondo senza riconoscere il fatto che, come genere umano, noi siamo fondamentalmente un fallimento. Io ora ho il coraggio di ammetterlo”. Posso chiederti qual’è l’origine di questo fallimento: la nostra cinica new economy, l’arroganza occidentale di possedere la verità, la limitazione delle libertà individuali?
La risposta, semplicemente, la puoi avere guardando cosa abbiamo fatto di questo maledetto mondo, questo sistema che ci siamo rassegnati ma anche affrettati ad accettare, la nostra società al momento è una merda, e ciò che è peggio è che gli unici rivoluzionari che si ribellano veramente sono i fanatici religiosi. Noi esseri umani ci comportiamo da avidi ladri che accumulano molto aldilà di ogni ragionevole possibilità di consumo, e questo sistema incoraggia e protegge chiunque di noi faccia così. Non progrediamo, neanche regrediamo, semplicemente ristagnamo come uno laghetto che si consuma lentamente a causa delle sue stesse alghe marce. Questo sistema è alimentato da truffatori che ci derubano e noi, da bravi idioti che siamo, permettiamo loro di fare ciò, e anzi li aiutiamo. Non c’è più alcun valore nella vita umana, ad eccezione del suo valore finanziario collaterale [proprio di ciò parla la canzone d’apertura del nuovo disco, che si intitola appunto ‘Our Weight in Oil’, nda]. Siamo degli stronzi idioti. Io, poi, mi considero un fallimento per motivi miei personali, e come molti, pur conoscendo bene i miei sbagli, continuo incessantemente a ripeterli senza speranza.
Ma c’è una via per il cambiamento e la salvezza?
Forse ammazzare tutti i miliardari potrebbe servire a mandare un messaggio. Forse perseguire i veri criminali del mondo, quelli alimentati dall’avidità, quelli che traggono profitto dalla guerra e dai morti, quelli che senza sosta ci spingono incessantemente a fare i lavori più schifosi producendo per loro prodotti di qualità sempre più infima che però gli permettono di realizzare profitti altissimi, mettendo tutti questi bastardi faccia al muro e costringendoli a forza a scegliere il cambiamento… forse così qualcuno di loro potrebbe comprendere il vero valore della vita umana. Non c’è giustizia reale. I criminali di guerra non saranno mai costretti davanti alla giustizia. Ma sarebbe esemplare, se accadesse.
Posso scrivere che la tua folk music ‘del fallimento umano’ è una sorta di risposta europea alla nuova musica americana acustica di bravi musicisti come Will Oldham e Devendra Banhart?
Guarda: Will Oldham è un genio di sicuro. Banhart, come molti americani, è un revisionista. C’è talmente tanto poca cultura da cui attingere, lì in America, che debbono prendere in blocco quella europea (nel caso di Banhart è chiaro: Marc Bolan), comprendendone di essa però solo una parte, o addirittura niente; prendi ad esempio il recente remake americano del film di Wim Wenders intitolato ‘Wings of Desire’. Si tratta probabilmente del mio film preferito, ma il remake che ne han fatto ad Hollywood, intitolato ‘City of Angels’, forse è il peggior film mai girato. Penso che gli americani (parlando in generale, chiaro) trovino difficile comprendere a fondo le emozioni, ma oggi non è una delle mie giornate concilianti, come vedi, così è meglio se la pianto qui.
Per piacere, spiegaci: un musicista britannico come te che si cala così in profondità nella musica folk continentale… di solito in Gran Bretagna c’è una certa snobberia per la musica continentale, non è così? Cosa pensi della tradizione musicale britannica?
In questi mesi sono in uscita importanti dischi di gente come Bert Jansch ed Alasdair Roberts. Ma io non mi considero inglese. Sono sempre stato un outsider lì, proprio come sono un outsider qui in Francia e dovunque vada. Ho sempre amato la musica, qualunque musica che porti un’emozione, e naturalmente la folk music da qualunque parte del mondo mi parli più forte di quanto non facciano, per esempio, ‘gli assassini’ di cui parlavamo all’inizio.
In internet leggo che per fan e stampa la tua fuga dall’elettronica è stata una sorpresa. La produzione artistica di Third Eye Foundation – acronimo con cui sei noto da 15 anni nell’elettronica – e questa di Matt Elliott sono così distanti tra loro… o no?
Ma no… sono decisamente connesse; sono entrambe realizzate per la maggior parte da me solo, ma io non ho voglia di ripetere all’infinito la stessa musica, così quando sono stanco assumo l’altra identità e cambio anche genere musicale.
Contemporaneamente a ‘Failing Songs’ come Matt Elliott, hai pubblicato ‘Collected Works’, un box retrospettivo su 3 CD di Third Eye Foundation, contenente anche alcune nuove musiche. Ma io credo che i tuoi fan stiano aspettando un nuovo album di Third Eye Foundation… cosa possiamo dire loro?
Bè, di recente ho avuto troppo da fare per sedermi e pensare ad un album che sotto pressione avrei finito certamente per odiare. Un po’ ci penso, e forse verrà, ma ora ho tanti di quei pensieri per la testa, come avrai capito…
In ‘Failing Songs’ usi la tua voce in un modo interessante: una sorta di coro sovrainciso da te stesso nasconde il tuo stesso canto, così non sembri più il protagonista delle tue parole. Molto malinconico, inoltre. Che rapporto hai con la tua voce?
Fare così è praticamente l’unico modo per farmi accettare la mia voce. Non nasco come cantante, del resto.
Esattamente, perchè sei andato a vivere in Francia? E’ stata una sorta di fuga da qualcosa? Puoi fare un bilancio di questi anni nella campagna della Bretagna?
E’ per raggioni personali che sono venuto qui, ma non sono sicuro che ci resterò a lungo. Il governo francese sta facendo cose pessime, secondo me ma anche secondo molti altri giunti qui da fuori, e mi sta passando la voglia di vivere anche in questo Paese.
Cosa pensi dell’Unione Europea? E’ davvero possibile attraverso essa riuscire ad avvicinare i popoli europei in questo modo? I britannici, ad esempio, non mi sembrano molto interessati a questo processo.
Guarda, io amo l’Europa, mi piace poterci viaggiare liberamente. La Gran Bretagna è sempre stata un’isola e sarà sempre isolata. Gli inglesi pensano che il loro paese sia il centro del mondo, ma nella realtà – come per tantissimi altri posti – sono ostaggio di delinquenti che ne dirigono le sorti. In concreto, le condizioni di vita lì sono talmente pessime [Elliott si riferisce forse alle da lui spesso criticate leggi britanniche antiterrorismo, che limitano le libertà individuali; nda], che se la gente avesse un briciolo di lucidità per rendersene conto, marcerebbe sul Parlamento. E’ un periodo, questo, in cui non mi esce una sola parola gentile verso la Gran Bretagna, lo so. L’Europa Unita è una grande idea, ma la recente bozza di Costituzione non mi piace. Soprattutto, il grosso problema dell’U.E., è che la sua missione pare essere come al solito quella di favorire il grosso business mondiale e le speculazioni, e le porte sono sempre spalancate per le corporazioni, ma non per la gente.
Grazie, e ciao da Freakout.
Grazie, e scusa il mio sfogo: sono un po’ giù, in questo periodo. Matt.
Autore: Fausto Turi
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