Murder ballad deviata, pelli spazzolate, lievi controtempo in sample organo e segnali radio in modulazione ossessiva dopo 500 metri di gallerie a strattoni, caligine concreta che si tormenta in blues macchiato di malto. Apre così, direi meravigliosamente tumefatto, il nuovo album di Carla Bozulich: One hard man, Ain’t no grave, Drowned to the light e Don’t follow me avvolgono attorno ad un ago i Led zeppelin dixoniani – ma quelli romanzati da Davies – con i Birthday Party in b/w intenti a ritirare angoscie, i Chrome Cranks sulle rive periferiche di New York pronti a svitare i bulloni del palco di qualche club, con gli Honeymoon killers prima di loro sullo stesso battiscopa.
Il Canto è un cacofonico no wave che smonta manfrine e trafora atonalità con out step minimal dark, sfregolii di foglie al vento compionati, chanson francaise, esistenzialismo che entra ed esce dalle trame compositive gotico-iperrealiste, calchi stordenti à la Lydia Lunch, vanagloria post punk reietta, vudù silenziosi nottetempo e cabala sospinta.
Boy è un lungo lavoro infarcito di ariette che narra di cadillac e occhi tartassati da un sole dalle gambe aperte, di braccia di cera e luci proprie che anneriscono al mare, movenze levigate come sabbia e dondolii di piani luce che si addossano su istantanee di passioni malate e fedi sincretiche. La sua è para-psiche a metà via fra urban e alt tribal calda, caldissima da non lasciare spazio al pudore; sono dosi di synth i cui skill non vogliono avere genealogia e l’elettronica non ha scampo, dovendo rimediare al vuoto che si frappone tra due amanti. Boy è il suono degli armamenti in guerra preso al ralenti. Raro, e spesso scadente in formule ormai centriste, sentire incroci così scombinatamente divini fra torpedine country, millenarismo, virulenza blues, drammaticità e sessualità.
C’è trama che sgorga dagli armonici, che vien su dopo un gong che pare una chiusa tradizionalista, ma che poi rinsavisce in un canyon prima del rifrangimento dalle pareti, prima di un presago. Pare un’alba universale, prima dell’idea di popolo al di sopra di un vero popolo. Bellissimo lavoro per Constellation, Carla fa quasi tutto lei, ma viene coadiuvata da John Eichenseer e Andrea Belfi.
Queste 10 tracce hanno una determinazione d’altri tempi, trovandosi a circoscrivere un’epoca di deliri non molto dissimile dalla nostra e però l’autrice sceglie il suo country climattizzandolo su temperamenti sincopati, il suo piano giocato su univoche consonanti ed estensioni millimetro per millimetro, il suo terreno di veleni. Se esistesse un tagadà di gocce d’acqua Bozulich lo ruberebbe alla terra per farci crescere del fango.
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autore: Christian Panzano