Dopo anni di attesa, arriva per la prima volta in Italia Sufjan Stevens, per presentare il recente ed acclamato The Age of Adz, uscito in Italia per Asthmatic Kitty.
Sarà infatti a Ferrara martedì 24 maggio.
The Age of Adz è il primo vero album di brani originali di Sufjan dal lavoro del 2005. Si tratta probabilmente del suo album più particolare, sia per la mancanza di una base concettuale dominante, com’era avvenuto con i primi lavori, sia perchè qui Sufjan rinuncia alle tecniche precedenti di storytelling in favore di proclami più primitivi, istintivi e liberi.
Il risultato è un album più vibrante, urgente e più esplicito di qualunque suo lavoro precedente. I temi sviluppati in The Age of Adz non sono storici o polemici, ma personali e universali: l’amore assoluto, il sesso, la morte, la malattia, l’ansia e il suicidio sono i soggetti che si annodano su un tappeto di brani pop elettronici che trasmettono un senso di immediatezza, urgenza e ansia inedite nella musica del cantautore statunitense.
Gli elementi “cosmici” sono resi più intensi dalle sonorità utilizzate in questo album, deliberatamente elettronico, caratterizzato da un ampio uso di sintetizzatori. Le chitarre acustiche e i banjo sono stati rimpiazzati da drum machine e sintetizzatori analogici. Loop, samples e effetti digitali gorgogliano sotto ogni verso e ritornello.
Per coloro che hanno familiarità con i primi lavori di Sufjan, (per es. Enjoy Your Rabbit) quest’incursione nella musica elettronica non dovrebbe stupire più di tanto. La differenza è che qui l’elettronica è parte integrante di una collezioni di canzoni, e la stessa voce è distorta e sporcata dai pedali e dagli effetti. Inoltre l’album è fortemente caratterizzato dalla presenza di archi, ottoni, strumenti a fiato e di un ricco coro.
Questi elementi live creano vivaci giustapposizioni con l’elettronica, evocando una sorta di conflitto tra reale e irreale, tra ordinario e straordinario. Questi temi sono perfettamente illustrati in The Age of Adz, che si ispira all’arte apocalittica di Royal Robertson (1930-1997), pittore nero della Louisiana, paranoico e schizofrenico, autoproclamatosi profeta, e il cui lavoro raffigura i sogni vividi del pittore, visioni di alieni, automobili futuristiche, mostri eccentrici, e scene del Giudizio Universale, con un linguaggio che oscilla tra la profezia biblica e la mitologia nordica.
Tuttavia Robertson era anche un uomo dalla vita ordinaria, che viveva da solo in povertà in una roulotte e anche i suoi lavori più epici contengono strazianti riferimenti alla fame, alla solitudine al desiderio di intimità.
Nello stesso modo l’immaginazione di Sufjan vaga irrequieta tra oracoli e rivelazioni divine, mentre il suo corpo aspira al semplice contatto umano della persona amata, di un fratello, di un amico.
Autore: red.
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