Ce l’hanno fatta i Franz Ferdinand e i Rapture, ci sono riusciti i Killers, e persino i terribili Kasabian (mio dio, i Kasabian…ma da dove l’hanno cacciati fuori?). Non vedo perché non ci dovrebbero riuscire i Fever, a cavalcare l’onda del nuovo rock che fa ballare, della new-new wave così fresca e nello stesso tempo dal sapore così retrò…
Un paio di potenziali hit (le ottime “Gray ghost” e “Lady fingers”) ci sono, e anche la provenienza geografica (New York City, manco a dirlo) gli è favorevole. Basterà un pizzico di fortuna, probabilmente, e anche i Fever potranno assaggiare un po’ delle luci della ribalta.
Un pizzico di fortuna e una sostanziosa dose di personalità, componente che al momento scarseggia…
I Fever provano tutte le combinazioni possibili di intrecci tra tastiere 80’s, chitarre spigolose e ritmi adrenalinici, alla ricerca della melodia accativante, del groove coinvolgente, del ritornello che ti si appiccichi alle orecchie.
Il disco, però, che pure parte benino, si perde un po’ per strada, e verso la sesta traccia ci scappa pure qualche sbadiglio. Cosa che – converrete con me – non è decisamente da prendere come un buon segno, se consideriamo gli intenti della band, e le promesse dell’etichetta (“…basso frenetico…beats travolgenti…chitarre no wave” etc…).
I synth e il vocoder di “Scorpio” ricalcano il sound claustrofobico dei Trans Am, ma senza il freddo cinismo della band di Washington, “Cold Blooded” ammicca ai Devo di “The girl u want” e – nel ritornello – alle melodie più “catchy” degli Interpol, ma se il paragone non regge con i secondi, figuriamoci con i primi…
Ce li potremmo ritrovare da un momento all’altro in heavy rotation in radio e televisione, ma se siete alla ricerca della “next big thing”, credo che per il momento possiate tranquillamente rivolgere il vostro sguardo altrove.
Autore: Daniele Lama