Iniziamo da lontano, come si fa di solito… In Socialismo Tascabile si toccano un gran numero di temi, tra cui l’Emilia Romagna degli anni ’70 . So che sarà una domanda che ti avranno fatto già un milione di volte, ma ci voglio provare comunque. Cosa c’è di diverso in questa Emilia degli anni ’10? Sia sotto il punto di vista politico che quello culturale…
Noi li abbiamo visti i cambiamenti in Emilia e purtroppo non sono cambiamenti particolarmente interessanti…I venti che hanno fischiato negli ultimi vent’anni hanno lasciato tracce profonde ovunque. L’idea dell’Emilia Rossa che sia al di fuori dell’Emilia è un mito piuttosto consistente, e lo prova anche l’attenzione che ha un gruppo come il nostro. Ma alla prova dei fatti è piuttosto difficile trovarla nella quotidianità. In realtà l’Emilia Romagna degli anni ’70, con quelle caratteristiche politiche, ideologiche, culturali e sociali è un Emilia Romagna che non esiste più. C’è un portato culturale che comunque esiste ed è esistito, per cui la sua tradizione politica resta quella. Certo oggi…
E’ un po’ più opaca?
Andare a Reggio Emilia e pensare di trovare qualche forma di socialismo realizzato sul territorio… E’ più facile trovare una cooperativa o una società di volontariato che non magari in altre parti. La tradizione solidale è molto forte e ad ogni modo ci son degli anticorpi che hanno resistito. Però il fatto che alle ultime elezioni a Reggio Emilia, il candidato della Lega Nord abbia preso quasi il 20% da l’idea che le cose siano un po’ cambiate. Ma in realtà è sempre esistita l’idea che sia un territorio rosso, dovunque. Non è mai stato così: c’è una maggioranza di sinistra ma anche agguerrite minoranze di destra, di democristiani… ci sono sempre state. Per fortuna, oltretutto!
Cambiamo argomento: c’è in giro un bootleg risalente a sette anni fa in cui c’è “Soap Opera”…
O.D.P.: [ridono]
Si parla di una pluriomicida, di origini Avellinesi se non sbaglio…
Si, infatti poi è morta, o comunque è stata rinchiusa, nel carcere di Aversa.
A Reggio Emilia è uscito un documentario con il Resto Del Carlino, probabilmente girato da un nostrano…
La saponificatrice di Correggio!
Esattamente! Ci sarà la possibilità di ascoltarlo in un vostro prossimo album, o resterà per sempre legato alla rete e alla bassissima qualità della traccia su Youtube?
Ne parlavamo l’altra sera…
Su Youtube si sente malissimo…
Ma si, in quella versione era unicamente in base, noi non suonavamo… Si sente solo un canale su due!
Ogni tanto arriva qualche richiesta di questo brano… è uno dei pochi nostri scarti. Noi generalmente lavoriamo di cesello e di selezione e molto difficilmente scartiamo qualcosa. Chi non l’ha mai sentito non credo si sia perso niente…
A livello del testo è vero, sulle musiche c’era una cosa di particolare, nata proprio per quello. Quindi secondo me spacca! [ride].
Ho letto che siete molto legati a Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò. Vi ha accompagnato alcune volte sul palco, nonché durante l’incisione di Bachelite. Cosa mi dite a riguardo? Qualcosa magari di lontano dal palco e dai riflettori…
Le storie sono personali e curiose, ricche di coincidenze. Enrico e Daniele sono praticamente coetanei di Jukka…
E.F.: Lo conosco da prima che entrasse nei Giardini di Mirò…abbiamo suonato assieme in varie cose, cavolate…
M.C.: Per me invece Jukka non era un musicista… per me che sono più vecchio di loro, Jukka è sempre stato il figlio del segretario del Partito Comunista di Cavriago… segretario del P.C.I., assessore… il papà di Jukka è uno storico militante del Partito Comunista di Reggio Emilia, un personaggio che negli anni ’70 è stato importantissimo per quella che erano gli equilibri della federazione provinciale del P.C.I. di Reggio Emilia… una federazione che aveva 50.000 iscritti, quindi anche con un certo peso. [ride] Poi un giorno ho scoperto che suonava ed è stata un po’ una rivelazione che il figlio di Iones Reverberi fosse anche un musicista… Quando ci incontriamo parliamo molto di politica. Non so se con Enrico parli di politica o di altro.
E.F.: Mah, si, ma non solo… parliamo più dei fatti nostri.
Sempre in argomento di collaborazioni et similia… avete suonato a “Materiali Resistenti” una cover di Allarme, assieme a Zamboni. Lo so è una domanda un po’ trita e ritrita ma voi che avete vissuto in maniera diretta l’epoca dei CCCP… come avete inteso il cambiamento di Ferretti? C’è chi dice che non sia cambiato. A me non sembra sia proprio così.
M.C.: Io ho 43 anni, seguo Ferretti dai tempi di Affinità e divergenze… ed è cambiato. E’ cambiato il suo modo di rapportarsi con il pubblico, sono cambiati gli argomenti che porta avanti. Poi che la sua spiritualità non sia cambiata può anche darsi, perchè io il suo privato non lo conosco. Sotto il punto di vista della sua proposta artistica però, Giovanni Lindo Ferretti è cambiato moltissimo.
E.F.: E’ cambiato il suo modo di andare controcorrente. Ma l’andare controcorrente è l’unica costante della sua storia. In una maniera o nell’altra… In fondo in fondo penso che a lui non dispiaccia che la gente si faccia questa domanda, che si chieda queste cose. L’importante, però, è che a lui vada bene così.
M.C.: Stiamo bene anche noi! [ride]
E.F.: D’altronde lui l’ha detto “Non fare di me un idolo, mi brucerò”, e così è andata.
M.C.: Ho letto i suoi libri e secondo me sono scritti divinamente. Tecnicamente è bravissimo, ho delle grandi difficoltà sul contenuto, ma sulla forma è eccezionale.
E.F.: Per me invece è interessante. Non abito a 85km da Reggio Emilia, ma anche io nel piccolo mi ritrovo in alcune cose… la scoperta delle radici, i ritmi di vita particolari. La sua figura esce un po’ come un santone, quasi un amish, con il rifiuto totale della tecnologia. Ma comunque, come dicevo prima, se sta bene lui, stiamo bene tutti.
Cambiamo registro, parliamo del Prototipo EP, prodotto in 500 copie. Come è nata l’idea di rivisitare i pezzi dei vostri album? Non c’è niente di nuovo in questo EP…
E’ tutto nuovo e tutto vecchio. Probabilmente il tempo di creare qualcosa di nuovo non l’abbiamo nemmeno avuto. Ci siamo buttati in questo progetto a luglio e abbiamo realizzato il tutto in due mesi. Anche noi volevamo inserire qualcosa di inedito… ma magari da quel punto di vista ci sfoghiamo direttamente dal vivo. Per noi è piuttosto nuova tutte le sere, visto che improvvisiamo. L’idea è venuta dal fatto che la Casio fa parte da sempre della nostra storia, volevamo dedicargli qualcosa di minimalista. Siamo sempre in due a suonare, ed uno a parlare, andiamo in giro con un bel po’ di attrezzatura, non facilissima da gestire. Ora andiamo in giro con la stessa mole di roba, ma ha solo dei tasti.
A.C.: Io ricordo che in occasione del tour legato al manifesto Offlaga #136, un paio di anni fa, iniziasti un pezzo giocando a Pong.
E.F.: [ride] Era BreakOut! Ogni mattoncino alzava la tonalità!
Dicesti tempo fa, in un’intervista, che non escludevi la possibilità di pubblicare un libro con i tuoi racconti. Finita lì? E’ stata una dichiarazione estemporanea o c’è qualcosa in cantiere?
M.C.: [ride] L’ho detto, ho molte idee, anche quella di scrivere anche un romanzo. Ma non lo faccio mai! Prima di iniziare il progetto OfflagDiscoPax, volevo trovare un editore che mi pubblicasse. Poi è nato tutto ‘sto popo’ di roba qui… ed è diventato un “poi vedrò” [ride]
Vi ho visto a distanza di mesi, prima, e poi di anni. Ma la scaletta non la cambiate mai?
E.F.: [ride] Colpa mia! Un gruppo rock cambia scaletta senza problemi…noi no! In verità noi usiamo macchine che non hanno memoria e fare i settaggi tra un pezzo e l’altro è impensabile. Col tempo diventi veloce ma ci sono meccanismi che prendono tempo.
Molti associano gli Offlaga ai Massimo Volume e, naturalmente CCCP. C’è qualcosina, ma non vedo questa identità totale. A cosa vi associate?
M.C.: In realtà è un po’ una semplificazione, molto forzata. Ma essere associati a gruppi del genere ci ha incuriositi molto. I Massimo Volume, quando abbiamo iniziato, si erano sciolti da un bel po’. Si tratta di confronti di grande importanza… Forse il più importante gruppo italiano degli anni ’80 ed il più importante gruppo italiano degli anni ’90. Certo se qualcuno ascoltava Socialismo Tascabile e si aspettava di ascoltare i nuovi Massimo Volume e i nuovi CCCP, si sarebbe trovato un po’ spiazzato. Personalmente sono dell’idea che quei due gruppi possano essere una semplificazione, ma alla realtà dei fatti ognuno ha la sua storia. Grazie per questi confronti, ma finisce lì.
Anche perchè ad un ascolto attento le differenze vengono a galla.
M.C.: Per fortuna direi!
Ho letto parecchie interviste per trovare qualche domanda un po’ meno inflazionata…
E.F.: Ci sei riuscito con quella della scaletta [ride]
Però è stato complicato, vi assicuro. Come Offlaga, avete una domanda a cui vorreste rispondere ma che non vi hanno mai fatto?
E.F.:Bella domanda… [ci pensa su] non è mica facile. Noi di interviste ne abbiamo fatte molte, forse personalmente non sono così autoreferenziale da riuscire a chiedermi qualcosa di cui ho già una risposta. Non lo so. Magari, legata alla domanda precedente: può servire una sintesi degli Offlaga Disco Pax in Massimo Volume e CCCP?
M.C.: Non credo però che siamo una sintesi di quei due gruppi. Dal punto di vista dei contenuti e del testo, le differenze sono abissali.
La tua domanda, invece?
M.C.: La domanda che non mi fanno mai e che mi sarei aspettato è: non “quando” hai iniziato a scrivere ma “perchè”?
Perchè hai iniziato a scrivere? (risolto!)
M.C.: [ride] Io in realtà non lo so spiegare. Probabilmente c’è un motivo tecnico e pratico. Ho comprato un computer per il mio ufficio, avevo 30 anni, non ho mai avuto niente di simile prima. Non ho mai posseduto una macchina da scrivere e non ho mai scritto nulla, fatta eccezione per i temi a scuola e qualche volantino quando militavo. Ma la scrittura era una cosa usufruita, compravo libri, li leggevo ma non scrivevo mai. Poi con il computer davanti, più facilitato a scrivere, un giorno ho letto un racconto di un amico. Mi è piaciuto tantissimo e, proprio poiché è un amico, ho pensato “Se l’ha scritto Arturo posso scriverlo anche io!”. L’ho fatto e mi sono divertito. In quel periodo lì, dal 2000 al 2002 ero anche più prolifico! Scrivevo due racconti al mese. Poi i miei ritmi sono calati. [ride]
Come è nata l’idea di fare le foto con l’analogica dal palco? Le sviluppi davvero tutte?
M.C.: Ho due cartoni a casa… le sviluppo sempre! Faccio le foto con quella macchinetta lì perchè è del mio povero papà e mi è rimasta. Io non ero neanche uno che faceva le foto, poi quella macchina lì non è neanche un granchè… senza autofocus, una plasticona, poco più di una macchina giocattolo, una usa e getta. Mi piace fotografare la gente ai concerti e penso di averlo fatto da sempre. Ho delle foto del primo o del secondo concerto. Da allora l’ho sempre fatto, sono un po’ seriale! Mi piace molto e soprattutto mi piace riguardarle anni dopo e riconoscere persone che inizialmente non avevo notato.
E.F.: In realtà è uno schedario andreottiano! [ride]
M.C.: [ride] Sono stato con una ragazza, sono andata a cercarla in tutte le foto… non l’ho mai trovata!
E.F.: Lei garantisce che ai concerti c’era, però! [ride]
M.C.: Solo a qualcuno! [ride]
Vi lascio con l’ultima domanda… Enver ed Onomastica sono i miei pezzi preferiti degli Offlaga. Hanno una componente elettronica maggiore rispetto alle altre.E.F.: Anche se Enver sotto certi aspetti è il pezzo più acustico dell’album, è anche come dici tu.
Ci ho trovato quasi un parallelo tra i due. Due parole su questi brani.
E.F.: Sono due pezzi nati in maniera completamente differente. Enver è nato in sala prove o forse ad uno nei nostri primissimi concerti. La prima versione è nata suonata in casa davanti a 10 amici e poi in sala prove in maniera molto spiccia. Poi abbiamo deciso di metterci su una batteria. L’abbiamo suonata sul palco la prima volta al nostro decimo, undicesimo concerto. Io stavo ascoltando degli mp3 dei LCD SoundSystem. Sento questo pezzo e penso “Questa batteria ci sta bene!”. Mi son messo a tagliarlo in nave, al computer, e la sera dopo l’abbiamo suonata così. Ed è rimasta così. E’ presa da Beat Connection degli LCD, non lo sa nessuno! [ride]. Onomastica invece è l’ultima nata di Bachelite, da una situazione molto più complessa. Anche quella scritta in due prove, ma mancavano ancora un sacco di cose. Rispetto agli altri pezzi esce anche molto meglio, è un pezzo da “studio”, inteso anche come “studiare”. La cosa bella è che se la gioca con Khmer rossa o addirittura con Robespierre. Con le Casio esce in una maniera ancora più differente. Sul disco c’è Andy dei Bluvertigo con il sax. Ci siamo divertiti molto: è molto più solare di quello che mi aspettavo. Personalmente non lo conoscevo, mi aspettavo un artista più cupo. Non lo sentiamo da un po’, speriamo che non se la sia presa per il fatto di aver messo gli archi al posto del suo sax, nel video…non è stato assolutamente un voler sminuire il suo lavoro.
M.C.: Tant’è che nel vinile ci sono entrambe le versioni!
Autore: Alfredo Capuano
www.offlagadiscopax.it/