Gli Hyena Ridens (Gennaro Davide alla Voce e basso, Paolo Cotrone alla Chitarra, Paolo Astarita alle Tastiere/synth, Andrea Falvo alla Batteria e Ruben Correra agli effetti Dub), sono veramente dinamite, miccia carica e pericolosa. Miccia che si è accesa l’11 settembre (data non scelta a caso, “Abbiamo scelto l’11 Settembre perchè ha cambiato la memoria di ognuno di noi, indipendentemente dall’età e dal luogo di provenienza”) con il lancio del loro primo video su Youtube e ha continuato a correre il 22 ottobre con il lancio del loro primo disco Cave Canem presso l’Hades pub a Napoli.
Quello che rende interessante questo lavoro è l’esplosione di rabbia rock che da tempo non si sentiva sotto il Vesuvio. Ascoltate Non basta il Mare uno schiaffo in faccia a una certa Napoli, alla Napoli dell’Erri De Luca e degli altri che si contentano di (presunti) odori di caffè che prevadono le strade (così scriveva tempo fa l’egregio scrittore offeso dalle statistiche sulla vivibilità delle città italiane) e dei presunti sorrisi dei napoletani simpatici mentre la terra muore, uccidendo speranze, sogni, possibilità, desiderio di riuscire, ai giovani che ci vivono.
“Popolo dannato, emigrato lontano col sole in tasca ma senza lavoro, attende il canto della sua sirena per risvegliare la rabbia di un vulcano: bombe sulla Napoli delle vetrine, bombe sulla Napoli che non esiste, la Napoli che chiude gli occhi sulla morte di un uomo. Io guardo il mare: dov’è il mio domani?”: parole dure che disegnano una realtà troppo spessa travisata. Ma la rabbia non si scatena solo sotto e verso il Vesuvio: Cane è un pezzo di pura ribellione, selvaggia, vitale, contro le mille maglie che oggi solo un adolescente può sentire. Cellula è un invito a guardarsi, a parlarsi, in una solidarietà leopardiana fra esseri umani, Suoni Randagi si scaglia contro il popolo cieco e sordo delle discoteche, Hyena Ridens vuole essere un mini-manuale della sopravvivenza nel mondo dell’ipocrisia globale, ma anche un manifesto su come catturare l’ispirazione per scrivere musica (“tu devi essere una iena se non vuoi assuefarti al sapore del potere, se vuoi per una notte riscrivere il futuro, tu devi essere una iena e una iena non è mai una preda. Ci sono rimaste solo le parole per sopportare falsi obiettivi e false speranze”).
Gli Hyena Ridens non ci stanno a essere carne da macello dell’iper-consumismo tecnologico dominato da Apple e Co. In questo disco abbiamo dei giovani che cercano di svegliare altri giovani. Con un linguaggio che non cede agli slogan banali, alle frasi fatte, che tante volte si sentono anche dal fronte dei “ribelli”.
Cellula è un pezzo che i Subsonica invidierebbero se lo ascoltassero, Metamorfosi e Tempesta ricordano le (rare) ballate elettriche dei Bluvertigo o dei Negrita vecchio stampo, ma l’album intero è tutto giocato fra il richiamo delle band italiane più interessanti e innovative degli ultimi anni e un’eco di fondo, ancora più profondo, che arriva sino alle band che hanno fatto la storia del rock americano di stampo Jane’s Addiction.
Per gli Heyna Ridens c’è ancora da perfezionarsi, indubbiamente, e per fortuna anche. Ma è l’ispirazione e la preparazione, che hanno può, e deve, fare da traino per i prossimi lavori.
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autore: Francesco Postiglione