Vi dice qualcosa il nome Wemen? A qualcuno non dirà molto, mentre qualcun altro li ricorderà perché sono la band di Carlo Pastore, ex volto di Mtv e attualmente conduttore per Radio2.
Chi però li rammenta per questo, probabilmente ricorderà anche il loro esordio, non proprio di successo, avvenuto qualche anno fa. Da allora, però, le cose sono molto cambiate.
Gli Wemen – che si completano con Francesco Peluso, Alberto Pilotti, Riccardo Della Casasi – sono evoluti e anche in meglio, hanno sfornato un nuovo disco, hanno grandi progetti e dal futuro si aspettano soprattutto una cosa: suonare.
Incontriamo la band per una breve chiacchierata.
Era da un po’ di tempo che non vi facevate sentire. Che avete combinato in questi ultimi anni?
Abbiamo suonato in sala e in giro, anche se meno di quel che avremmo in realtà voluto. Abbiamo lavorato duro su di noi e sulle canzoni. Ci siamo presi il tempo che serviva e nel frattempo c’è chi si è diplomato, sposato, trasferito eccetera… Abbiamo pubblicato uno split con The Hacienda, i cinque tipi più caldi di Firenze, su Black Candy, che è una cosa bellissima soprattutto se compri il vinile con il cd assieme. A fare le cose fatte bene ci vuole un po’ di tempo, soprattutto se come noi fai un po’ tutto in casa, dalla grafica a bookare le date. Abbiamo praticamente pronto il disco d’esordio. Stiamo benone!
A proposito dei vostri precedenti, quando siete usciti qualche anni fa col singolo “Siamese Smile” non siete stati accolti molto calorosamente. Poi il video del brano è anche stato cancellato dal vostro canale Youtube… come mai?
“Siamese Smile” è la nostra prima canzone in assoluto, quando ancora Riccardo non suonava con noi. Volevamo fare un video senza troppi sbattimenti coinvolgendo un po’ di gente in una festa a caso… Ci siamo resi conto che lo spirito con cui lo abbiamo fatto non c’entrava proprio niente con le canzoni che suonavamo e suoniamo. Abbiamo avuto fretta, ma avevamo voglia di confrontarci con il mondo perché la musica si fa con e per la gente. Compresi gli intellettuali fenomenali a cui ti riferisci che hanno trovato la loro valvola di sfogo quotidiana… Abbiamo tolto il video perché a quel pezzo abbiamo poi cambiato edit delle voci nella versione inserita nel demo “Before Being Ash”, la prima cosa autoprodotta che abbiamo pubblicato in free download. Abbiamo tolto il video perché non ci rispecchiava granché e fondamentalmente non era un capolavoro di Gondry. Rispettiamo molto il regista Francesco Imperato, semplicemente in questo caso ci siamo capiti male, ma speriamo di poter lavorare presto con lui.
Ma gli Wemen di adesso sono differenti da quelli di qualche anno fa?
Questa domanda è prematura. È come se chiedessi a un neonato come si sente dopo sei mesi sulla terra. Siamo differenti prova dopo prova, siamo in fase di genesi continua, non usiamo nessun bigino del r’n’r per comporre. Abbiamo funzioni ormonali attive come giovani virgulti in Erasmus. E se fossimo uguali a qualche anno fa dovremmo appendere gli strumenti al chiodo.
Parlando di differenze, è un dato di fatto che la vostra musica ha preso tutt’altra piega. In che modo è avvenuta l’evoluzione?
Ci sono molte band che nascono con la precisa idea di fare un genere, allora comprano l’ampli che serve, la chitarra che usano “quelli”, i pedali giusti, i vestiti giusti, il taglio di capelli giusto, l’estetica precisa. Noi non siamo così, ci piace suonare, ci piace sentire cosa possiamo tirare fuori, tantissime nostre canzoni nascono improvvisando in saletta, nascono dall’istinto che ci unisce, un istinto coltivato dalle continue prove, dallo stare assieme tanto tempo. È un flusso che cerchiamo di seguire, non possiamo sapere dove ci porterà.
Descrivete il vostro nuovo disco con tre aggettivi.
Non è un vero e proprio disco ma uno split. Sono tre canzoni a testa. Un aggettivo a pezzo. “Out Of Country” è impavida. “Everything I Know” è fluida. “Playa Do Rei” è calda.
Sempre riguardo al disco, a chi o cosa vi siete ispirati per la sua lavorazione?
Punk, dub, hip hop… Quando hai voglia di rock’n’roll non stai a farti tante domande. Abbiamo scelto tre pezzi dei nostri che più avevamo voglia di “buttare fuori” sperando che non facessero a botte con quelli dei fratelloni Hacienda.
Parliamo di ispirazione ma da un punto di vista musicale. Quali sono le vostre band di riferimento?
Tutte e nessuna. Ci passiamo dei dischi, ne discutiamo, ma quando si tratta di suonare, suoniamo e basta, a volte uno si ferma e dice: “ah! Questo giro assomiglia a quello, questo assomiglia a quell’altro invece…”, però non ci mettiamo mai lì a pensare questa deve suonare come i “…”.
Avete collaborato con i The Hacienda e i Casa del Mirto. Con quali artisti o band italiani o internazionali vi piacerebbe lavorare?
Noi vogliamo un produttore con due palle enormi. Lee Scratch Perry sarebbe totale. Lee se leggi batti un colpo che la Svizzera per noi è a due passi!
Ancora sul lavoro in generale: pensate sia possibile al giorno d’oggi vivere di musica?
È più facile morirci, di musica.
Chiudiamo con una domanda di rito: progetti per il futuro?
Suonare. Portare in giro questo split album e farvelo sentire su un palco, che è tutta un’altra cosa. C’è il nostro disco d’esordio in canna. Abbiamo molti pezzi, quello che stiamo cercando di fare adesso, è scegliere i più adatti “che non sono necessariamente i migliori” per ottenere un album omogeneo, senza cali, ovviamente secondo il nostro punto di vista.
Autore: Veronica S. Valli
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