Lo chiamano “New Psichedelic”, ha attaccato soprattutto negli States, che ne esportano incessantemente, ma da quello che si è ascoltato finora di psichedelico, c’è ben poco. Come difendersi dall’ennesima moda? Probabilmente lasciando che il fenomeno imploda da sé, oppure farselo passare di striscio come l’autoradio di un’automobile che sta sorpassando.
Tutta questa messinscena sta andando avanti da qualche mese per una delle tante declinazioni del pop in sostanza. Non sembra innanzitutto il periodo storico adatto a viaggi nella psiche umana. In altri tempi gli Ash Ra Tempel, ad esempio, hanno sommerso Atlantide a colpi di phaser e Roky Eriksson finì dritto ospedale psichiatrico. Quella era, in primo luogo, gente drogata sul serio, inoltre essi avevano una “visione” esatta e che perseguirono.
Più di ogni altra cosa, le band del passato vivevano attivamente il loro presente ed è questa la differenza sostanziale rispetto ai gruppi di oggi. Non che si debba inventare il “psichedelicometro” per stabilire quanto è autentica una band frattanto che anche la stampa specialistica ci mette del suo non riuscendo a descrivere un gruppo senza citarne di altri, oppure limitandosi nel conio superficiale di terminologia “New-qualcosa” o “Post-qualcos’altro”.
Aldilà di tutta questa prefazione “Monster Head Room” dei Ganglians è un disco temperato, ascolti quest’altra tavola da surf e mette buon umore.
In un’epoca dove le band ostentano i loro indumenti anziché le copertine degli album fa piacere avere un quartetto di scappati di casa con la barba incolta e lievemente puzzolente di birra.
Il disco è uscito negli USA nel 2009 ed è giunto da noi quest’anno completo di due spesso-disprezzate-quanto-inutili bonus-track: “Blood on the Sand” e soprattutto “Make it up” che nella fattispecie sono entrambi due pezzoni lievemente distaccati dal resto dell’album madre!
“Monster Head Room” è un continuo crescendo, i coretti spesso sostituiscono l’abilità compositiva, ma colorano i brani fino ad arrivare a sognare la “Candy Girl” narrata dal vocalist che arretra la voce mediante un riverbero medio-corto. Le forzature lo-fi e il successivo cambio d’umore con l’epopea western “Valient Brave”, aprono alla parte sicuramente meno pop del disco nel quale l’indie folk sbiadisce quei colori di cui prima per rendere il tutto certamente più instabile e perlomeno si esplorano altri differenti ambienti.
Indubbiamente i Ganglians hanno fatto un buon lavoro nonostante “Monster Head Room” non si allontani di un millimetro da un suono riconoscibile ai più…come potremmo definirlo? “Post-Pet Sound” vi piace?
Ganglians from Ray Concepcion on Vimeo.
Autore: Luigi Ferrara