Benni Hemm Hemm è più un nome da personaggio di un fumetto che da musicista. Ma questo ragazzo che di nome fa Benedikt H. Hermannsson e arriva dalla gelida Islanda (ma avete notato quanta buona musica sta arrivando dai paesi scandinavi in questi ultimi tempi?), si è già beccato un Iceland Music Awards come miglior esordiente, e non immaginate che funzioni come da noi, dove i nominati svariano da Tiziano Ferro agli Zero Assoluto. “Benny Hemm Hemm” è anche il titolo di quest’esordio, che non poco deve all’Italia, dato che nasce dopo che questo ragazzo ha passato qualche mese nel nostro paese. E sicuramente l’influenza dello sbalzo di temperatura deve in qualche modo averlo aiutato.
In ogni caso non pensate a una versione aggiornata di Bjork o Sigur Ros (qualche eco è inevitabile, comunque), ma a un cold country pop, un folk del nord che dopo un avvio strumentale dà subito una forte caratterizzazione nazionale all’album con il dream pop di Beygja Og Beygja (vi prego siate buoni e non chiedetemi la traduzione!) cantata in islandese come anche qualche altra canzone dell’album. Tra l’altro questa canzone è anche quella più lunga del cd, e dura 2 minuti e 58. Veloci, che il tempo è denaro.
Quest’album fu inizialmente edito da una piccola etichetta di Reykjavik per poi essere ripreso dalla “Sound of a Handshake” sorella minore della Morr Music, che abbandona, qui, le sue caratteristiche elettroniche.
A coprire le spalle della chitarra acustica del ragazzo islandese ci pensa una corposa sezione d’ottoni, che lo accompagna anche nei live. In totale nella band sono in 18.
“I can love you in a wheelchair baby” è un’orecchiabilissima pop folk song che segue a una melanconica “Fight”.
“Til Eru Frae” è qualcosa a metà tra una preghiera e la colonna sonora di un western che verrà (da qualche altra parte leggevo che qualcuno parlava anche di Kill Bill, ammetto che c’ha azzeccato in pieno) e poi c’è l’esplosione strumentale di Gitstemm. Tutto l’album comunque è molto orecchiabile e godibile.
In quest’album Benni ci fa vedere quello che sa fare, gestendo benissimo l’orchestra e ponendo non poca attenzione alla musica supportata da molte love lyrics. Non c’è il gelo islandese in quest’album, ma molto più caldo mediterraneo. L’Italia gli ha fatto bene. Se vi piace il genere, procuratevelo.
Autore: Francesco Raiola