I redivivi Bush sono tornati: per la verità, con l’uscita due anni fa di The Sea of Memories, li avevamo visti impegnati in un tour di tutto successo che aveva toccato anche l’Italia. Adesso, sono di nuovo in giro in una lunga tournée estiva che tocca Europa e soprattutto America per promuovere il loro ultimo progetto, ovvero un disco live di cui si sa ancora poco.
Fatto sta che il 23 luglio al Rock Planet di Pinarella di Cervia (fra Cesena e Ravenna), nell’unica tappa italiana di questo nuovo tour (curioso che abbiano scelto una località così dislocata e non centrale), Gavin Rossdale e compagni hanno detto al pubblico chiaramente che torneranno nel “beautiful sunshine state”, per continuare a cantare con i loro fan i pezzi mitici di quel decennio grunge a cui anche loro hanno dato un notevole contributo.
Rossdale è in forma come mai: si presenta sul palco con bicipiti da culturista appena nascosti da una canotta che le ragazze avranno molto apprezzato, e comincia subito a saltare e suonare come un invasato, e smetterà solo a fine concerto. La band è davvero forte dal vivo, e questo si sapeva: l’unico difetto è che la scaletta è davvero troppo breve.
Si inizia con Machine Head, pezzo storico del primo album Sixsteen Stone, di ormai quasi 20 anni fa, e poi con Sound of Winter, tratto dall’ultimo. Gavin spara subito due colpi importanti nella scaletta con Everything Zen (tirata per dieci minuti mentre il vocalist si getta in mezzo al pubblico per suonare distorsione pura alla chitarra) e Chemicals Between us, poi segue Testosterone e un pezzo inedito, probabilmente in procinto di finire nel nuovo live, ovvero Out of Fire.
Si tocca l’altro grande album di successo dei Bush, RazorBlade Suitcase, con Greed Fly, per ritornare poi all’ultimo con The Heart of Matter e The Afterlife, probabilmente il pezzo meno grunge del loro repertorio, che però Rossdale sa riadattare alle atmosfere durissime di un concerto tiratissimo come questo. Chiude la prima parte Little Things, ancora da Sixsteen Stone.
Il bis, dopo sole 10 canzoni, inizia con una delle rare ballate del gruppo britannico, Alien, per continuare poi con una Swallowed che sarà in assoluto la canzone più cantata dal pubblico, un pubblico che per la verità sin dalle prime note mostra una devozione e un attaccamento alla band che ha del magico se consideriamo che i Bush erano finiti qualche anno fa e che The Sea of Memories uscì dopo 10 anni di silenzio in cui Rossdale aveva avviato un percorso diverso con gli Institute.
La sorpresa è Come Together, una cover beatlesiana riadattata al sound grunge, che Gavin canta durante una lunga passerella nel pubblico dentro il club, abbracciato a delle fan, e poi tutto si chiude, piuttosto prevedibilmente, con Glicerine, e Comedown, anche queste cantate in vera osmosi con il pubblico.
Scaletta troppo corta, si diceva, per un concerto a cui mancano all’appello pezzi importanti come Baby Come Home e People that we Love, Headful of Ghosts, o Warm Machine. Il quarto album, Golden State, è stato completamente trascurato, e il terzo è stato rievocato solo da The Chemicals Between Us. Eppure sono ottimi lavori, e forse dovevano essere un po’ più sfruttati anche perché si ha la sensazione che il concerto sia una sorta di operazione nostalgia: ben sette pezzi su quindici sono del primo album, uscito 20 anni fa come si diceva.
E’ come se la band, prima ancora che il pubblico, non creda nei suoi lavori più recenti, che magari sono meno violentemente grunge ma hanno una complessità e delle sfumature assolutamente interessanti da scoprire (e poi, il grunge non è morto negli anni ’90?).
Tuttavia nulla o quasi si può dire sull’esecuzione: Gavin sembra un giovincello, e Chris Traynor alla seconda chitarra lo segue a perfezione, mentre alle sezioni ritmiche Corey Britz e Robin Goodrige, rispettivamente basso e batteria, riescono (quasi) perfettamente a contenere le esuberanze di Rossdale che per il troppo saltare e ballare dimentica talvolta di cantare al microfono e perde qualche accordo.
Certo, spesso il rumore è talmente forte che le sfumature si perdono e gli errori (e ce ne sono stati) non si notano: ma ai fan va bene così, perché hanno avuto occasione di pogare, saltare, cantare e ballare al ritmo di un grunge che ormai è antica memoria: eppure a giudicare dall’energia della platea quella memoria aspetta solo, come un demone buono, di essere risvegliata in rituali come questi.
autore: Francesco Postiglione
thanx to Alberto Baldassarri per la foto
Scaletta del concerto
Machine head
Sound of Winter
Everything Zen
The Chemicals between us
Testosterone
Out of Fire
Greed Fly
The heart of Matter
AfterLife
Little Things
Alien
Swallowed
Come Together
Glicerine
Comedown