Le Stealing Sheep, al secolo Becky Hawley, Emily Lansley e Lucy Mercer, dopo un inizio orientato verso la trazione folk e psichedelica inglese e dopo essere state in tour come ospiti di Postal Service, Alt-J e St Vincent hanno iniziato ad esplorare mondi musicali differenti e vari che vanno dal pop anni 80 fino a John Carpenter. Si arriva così a Not Real, loro secondo album pubblicato per Heavenly Recordings, sorta di concept-album tutto incentrato sul tema della realtà e finzione, sul limite dei sogni e della realtà.
Acclamate nel 2012 per il debutto con Into the Diamond Sun, che mescolava gli stili per creare una sorta di kraut-folk medievaleggiante, con Not Real evolvono verso sonorità più pop e musicalmente facili, anche se non rinunciano a esperimenti con batterie elettroniche, beats programmabili, samples e sintetizzatori. Il loro punto di riferimento è un certo pop sofisticato e tecnologico degli anni ’80, cavalcato all’epoca da gente come Grace Jones, Maya Deren, e John Carpenter.
Gli esperimenti si sentono più in pezzi come Greed o Dreadklock, Sunk o She, mentre molto più vicini a un pop classico sono Sequence, Apparition, e la tilte track Not Real.
Nonostante la loro voglia di provare e sperimentare coi suoni, e nonostante il lavoro devoto fatto dalle tre ragazze in fase di post-produzione del disco del quale sono anche produttrici direttamente, c’è da dire che convincono di più quando restano sul classico.
Cercano di innovare anche sul piano del lavoro visivo, visto che la cover viene da una collaborazione con la fotografa Charlotte Rutherford e richiama in auge i colori di certi anni ’70 disco-dance, però alla fine quel che resta è la musica e le emozioni che riescono a stimolare, e di queste ce ne sono poche nel disco.
Il lavoro parte bene ma sembra che si perda un po’ per strada: quello che forse manca a questo disco è una connotazione precisa e decisa, una marca di stile compiuta che per quanto originalmente interpretata faccia intendere all’ascoltatore dove le tre ragazze vogliono andare.
Del resto, il grande mixage anche delle loro precedenti esperienze e delle collaborazioni che hanno avuto in termini di band apripista nei live di altri dimostrano che una direzione chiarissima non c’è, e forse non è neppure cercata. Peccato perché ci sono non poche buone idee nel disco, ma c’è bisogno di più verve musicale.
autore: Francesco Postiglione
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