Un primo suggerimento su quali litorali splenderà il sole nell’album d’esordio del duo dei Double Syd, lo si può già evincere dall’intestazione della ragione sociale. Infatti, Adelmo Ravaglia ed Enrico Liverani assorbono le lezioni dei Pink Floyd in epoca Syd Barrett per poi estenderle verso Beatles, Mercury Rev , Auters e qualcosa di british pop, per sfornare un disco che trasuda con ricorrenti coordinate Psych anni ’60. Con questi ingredienti, la band desidera prenderci per mano per farci respirare aspetti immaginifici con velata nostalgia , come si evince in “On my paper” , secondo singolo estratto dopo “My sun”, costellato da melodia che profuma d’oriente, immerso in piacevole acustic guitar-sound per poi esplodere in un refrain deciso ed autoritario, mentre “Violet” lambisce l’atmosfera della Floydiana “Astronomy domine” ma con aspetti più cupi e disarmanti. La dinoccolata “Wonderfall” e la lineare “Wednesday Morning” ci portano sui sentieri del brit-pop tra Blur ed Oasis ma, al momento, di sferrare la splendida “The best fantasy”, si realizza la gran capacità dei Nostri nel saper colorare assemblature che sorprendono per estro e fantasia. Invece, giochini d’elettronica capeggiano al sorgere di “What I want” per accompagnare un episodio misuratamente etereo e sognante, similarmente alla seguente “Beatle”. Dopo l’eclettico psych “She’s rising”, i Double Syd si spostano sulla mantrica ballad “Let see”, preludio all’ipnotico rettilineo finale della strumentale “Space western blues” che chiude un’opera ben ragionata, non innovativa ma gustosa e da applausi, visto che nel Bel Paese non girano interessanti collettivi di genere, mentre i Double Syd lo sono, eccome!
https://www.instagram.com/doublesyd_music/
autore: Max Casali