Come si fa a recensire un disco come Chimes of Freedom: songs of Bob Dylan honouring 50 years of Amnesty International? Come si fa a recensire un insieme mai così vario e completo dei più grandi tra i grandi della musica di oggi (e di ieri)? Cosa dire di un evento benefico dagli intenti così alti per scopo e per progetto? Cosa dire che il disco già non dica dalla sola lista dei nomi degli autori delle cover?
Forse ci si può muovere dentro questa big-big-thing (non inferiore per dimensioni a quello che fu nell’85 USA For Africa o Band Aid) sottolineando magari gli aspetti inediti, le note intriganti, le presenze più brillanti o le meno note di questo che non è il solito carrozzone di United Artists contro i mali del mondo, ma un progetto, bisogna dirlo subito, musicalmente molto valido.
Anzitutto perché è musica vera, densa, palpitante, ed elevatissima a livello artistico: perché non sono canzoni create per l’occasione ma sono cover di uno dei più grandi personaggi viventi della musica contemporanea, quale il sempreverde zio Bob.
Musica vera, dunque, sia se si guarda al valore degli originali (c’è tutta la storia musicale e forse anche umana di Dylan, dalle ballads folk del periodo Freewhellin (Blowin in the wind, Times they are achanging, Mr Tambourine Man, Ballad of Hollis Brown) al Dylan elettrico di Changing of the Guards o All Along the Watchtower, da Lay Lady Lay, a Corina Corina, dai classici come I shall Be Released e
Ma tre nomi svettano su tutti: i davvero immortali Johnny Cash, in una stupenda e emozionante interpretazione di One too Many Mornings, Pete Seeger che canta praticamente di se stesso interpretando Forever Young, e la compagna di tante battaglie folk-umanitarie Joan Baez, con una voce intoccabile dal tempo in Seven Curses.
La raccolta contiene in tutto 73 canzoni divise in 4 cd con brani tutti inediti o mai incisi precedentemente, e questi sono i suoi highlights: quasi 30 canzoni mixate gratis dal famoso ingegnere del suono Bob Clearmountain mentre alla masterizzazione ritroviamo nomi di prestigio come Bob Ludwig e Adam Ayan. L’immagine di copertina è un’illustrazione di Mick Haggerty, vincitore di un Grammy Award per la copertina di Breakfast in America dei Supertramp (e molti altri premi per altre produzioni).
La direzione artistica è stata affidata a Jeff Ayeroff e Julie Yanatta, stessi autori del fortunatissimo Istant Karma uscito nel 2007 (disco che ha battuto ogni record di incasso a titolo benefico proveniente dal settore musicale e al quale avevano partecipato tra gli altri U2, Green Day, R.E.M., Black Eyed Peas, Christina Aguilera, Jack Johnson, The Flaming Lips). E tutti ma proprio tutti gli artisti (produttori, arrangiatori, ingegneri del suono ecc) hanno lavorato a titolo gratuito proprio per sostenere la causa dei diritti fondamentali dell’uomo, visto che il ricavato è devoluto completamente ad Amnesty.
Perché Dylan per celebrare Amnesty? La domanda è stupida per chiunque conosca un minimo di storia musicale di questi ultimi decenni, ma comunque ecco la risposta di Ayeroff e Yanatta: “questo album è il risultato della fusione tra il grande rispetto degli artisti per il duro lavoro di Amnesty International nel mondo e l’incrollabile genio di Bob Dylan. Siamo orgogliosi di essere parte di un progetto così importante”.
E Karen Scott, Manager of Music Relation di Amnesty aggiunge: “la musica di Bob Dylan è eterna perché cattura in modo unico il nostro struggimento, la nostra gioia, la nostra fragilità e il nostro coraggio. Pochi artisti come lui riescono ad avere una tale profondità nei testi, ispirandoci così tanto e arrivando sempre a superare le nostre aspettative. Noi di Amnesty International siamo immensamente grati nei suoi confronti e nei confronti di tutti gli artisti che hanno contribuito a questo progetto”.
Questo cofanetto si può leggere per cover, lasciandosi trasportare dal talento e dal genio degli artisti alle prese con la rivisitazione di Dylan e fruendo così delle eccezionali versioni inedite di Blowin in the Wind (per la cui occasione Ziggy Marley mantiene il testo – e ci mancherebbe! – ma volge gli accordi in tonalità minore rendendola cupa e disperata), o Tom Morello che trasforma Blind Willie McTell in un folk post-moderno, o Brett Dennen che applica lo stile country a You ain’t Going Nowhere, o Sting che riprende la versione da menestrello medievale per Girl From the North Country.
O si può leggere e godere per artisti, seguendo i talenti di ieri e di oggi, non perdendosi splendidi ritorni come Brian Ferry, Marinane Faithfull, Jackson Browne, Paul Rodgers & Nils Lofgren, Sinead O’ Condor, o le belle novità di The Gaslight Anthem alle prese con Changing of the Guards.
O ancora ascoltarlo per generi musicali, godendo del country di Johnny Cash, del folk di Dennen, del quasi-post-rock applicato dai Jack’s Mannequin a Mr Tambourine Man, o dai Rise Against a Ballad of Hollis Brown, del rap di Taj Mahal per Bob Dylan 115th dream, del quasi-soul di Elvis Costello per License to Kill, del world-music dei Mariachi El Bronx per Love Sick. Ma almeno una chicca va ricordata perché forse svetta su tutte: la pazzesca versione live di All Along the Watchtower, di una arrabbiatissima e tiratissima Dave Matthews Band che prima esordisce di sola cupa voce, poi si lascia andare a un hard rock violento, devastato e devastante, cattivo e ringhioso, e infine conclude di sassofono e chitarra acustica in versione punk acustico lunare.
Davvero ce ne sarebbe da dire per ore e ore, per ogni artista e per ogni pezzo, andando avanti in scoperte stilistiche assolutamente stuzzicanti.
E forse è questo l’aspetto più brillante, esplosivo, emozionante dell’album: un vero coro universale di voci, di generi musicali, di esperienze diversissime, di stili, di talenti, di genialità, tutti insieme per celebrare insieme Dylan e Amnesty. Ovvero due delle cose migliori che questo non perfetto mondo ci ha regalato dagli anni ’60 ad oggi.
E se ascoltandole tutte, queste splendide cover, ogni tanto ci si ricorda che questo album salva vite umane, come lo slogan che corre in tutto il mondo recita in questi giorni, certo non c’è da dispiacersi. Questo album salva vite umane, e celebra una volta di più la salvezza personale che ognuno può trovare nella musica.
Autore: Francesco Postiglione
50.amnesty.it/ – www.amnestyusa.org/chimes – www.amnesty.org – www.amnesty.it