Esistono due locuzioni latine che si sposano con la nostra trattazione: “Credo quia absurdum”, attribuita a Tertulliano, e “Mater artium necessitas”; ebbene, se talvolta occorre realmente un atto di fede tanto appaiono assurdi certi “eventi”, così è vero “maestro” chi sa far di necessità virtù.
– Premessa
Correva l’anno scolastico 1992/1993, all’epoca ero studente liceale. Durante l’estate appena passata, il jukebox della sala giochi in cui ci riunivamo la sera “girava” con insistenza “Nothing Else Matters” dei Metallica, “Losing My Religion” dei R.E.M., “Don’t Cry” dei “Guns N’ Roses”, alternate (non so se per mano del caso o di “variegati” gusti musicali di qualche frequentatore del posto) ad “Hanno Ucciso l’Uomo Ragno” degli 883, “’O Scarrafone” di Pino Daniele, “(Everything I Do) I Do It for You” di Bryan Adams, “Soul Sacrifice” dei Santana e “Purple Haze” di Jimi Hendrix (queste ultime due tratte dal festival di Woodstock).
Io, mesi prima, avevo acquistato “Hot Rats” e “Waka/Jawaka” di Frank Zappa, mi ero avvicinato al jazz e avevo comprato “Facing You” di Keith Jarrett (disco per solo pianoforte registrato in studio nel 1972, con un Side I tra i più belli di sempre con nell’ordine le splendide “In Front”, “Ritooria” e “Lalene”); fu così che, parlando di musica con un mio docente, gli dissi che mi aveva appassionato molto “Facing You” e lui mi suggerì di ascoltare “The Köln Concert”.
Lo feci, e la mia radio/casette riprodusse incessantemente nella successiva estate del 1993 il “Concerto di Colonia”; sono passati più di trent’anni sia da quella “ordinaria” mattinata a scuola che dall’estate del 1993, e per trent’anni “The Köln Concert” ha continuato a “suonare” nella mia vita e ciò solo grazie a quanto di straordinario accadde il 24 gennaio del 1975.
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– Colonia, 24 gennaio 1975
Era il 24 gennaio del 1975 e Keith Jarrett si doveva esibire all’Opera di Colonia in un concerto per solo pianoforte e qui la storia si fa “storia”, assume “toni” prossimi all’incredibile, diviene “assurdo” atto fideistico e la necessità genererà pura virtù.
Come si apprende da diverse fonti (personalmente l’“aneddoto” lo appresi decenni or sono, per la prima volta, da una rivista musicale di cui oggi non ricordo più il nome), a causa di un disguido, Jarrett fu costretto a suonare non un Bösendorfer 290 Imperial a coda da concerto ma un Bösendorfer a mezza coda in cattive condizioni e con una buona “rispondenza” solo nei registri medi e bassi: “Jarrett had to play on a black baby grand piano in poor condition. The instrument was only clearly voiced in the middle and bass registers” si legge (https://web.archive.org/web/20111220235708/http://www.boesendorfer.com/en/current-news.html?page=5408#top – consultato il 23.1.2025); ebbene, malgrado ciò, quello che uscì da quel pianoforte ebbe dell’eccezionale e la “musica” suonata quel 24 gennaio del 1975 era destinata a diventare (probabilmente) la più bella improvvisazione live eseguita da un solo strumento.
Ascoltando con attenzione il disco, in apertura, dopo le prime note si sentono delle compiaciute risate del pubblico, ciò poiché “Keith Jarrett begins his historical concert with the melody of the Cologne Opera’s intermission gong” (come si apprende sempre da https://web.archive.org/web/20111220235708/http://www.boesendorfer.com/en/current-news.html?page=5408#top – consultato il 23.1.2025).
All’epoca della pubblicazione il formato d’ordinanza per la stampa era il vinile e questo comportò che la seconda lunga improvvisazione venisse divisa.
Il concerto, infatti, fu caratterizzato da tre “parti”; la prima di 26:15 minuti che andò ad occupare, come “Parte I”, il Side I del primo vinile, la seconda di 34:19 minuti che, divisa in due sezioni di 15 minuti e di 19:19 minuti, andò ad occupare come “Parte II a” e “Parte II b” rispettivamente il Side II del primo vinile e il Side III del secondo vinile e, infine, la terza, più breve, di 6:59 minuti che andò ad occupare il Side IV del secondo vinile e nominata “Parte II c” (che, poi, altro non era che una “interpretazione” di “Memories of Tomorrow” dello stesso Keith Jarrett).
In sostanza Jarrett, come si percepisce anche dagli applausi del pubblico al termine di ogni esecuzione, si “fermò” nella sua improvvisazione per tre volte; l’incisione in vinile (per ovvi motivi di spazio dati dal supporto) e la nomenclatura delle “parti” non restituiscono pertanto una fedele rappresentazione di quanto accadde quel giorno a Colonia; le versioni “digitali”, sebbene mantengano nel nome e nella numerazione di tracce la divisione in tre parti della seconda e terza improvvisazione, offrono invece la possibilità d’ascolto della seconda improvvisazione nella sua interezza e senza soluzione di continuità.
Prima e dopo Colonia, Keith Jarrett si è esibito in altri strepitosi concerti per solo piano (di pregio da ricordare sicuramente il “Solo Concerts Bremen/Lausanne”, registrato nel 1973 – il 20 marzo a Lausanne e il 12 luglio a Bremen -, e il “Vienna Concert”, registrato il 13 luglio 1991), ma la “magia” che si creò il 24 gennaio del 1975 resterà unica… da renderne difficile anche una narrazione nel dettaglio, lasciando al solo ascolto la miglior percezione di cosa si “manifestò” quella sera.
“The Köln Concert” è uno di quei concerti che rimpiango di non aver vissuto dal vivo, e sono certo che tale rimpianto è comune a tantissimi appassionati di musica che non hanno avuto il privilegio di essere seduti in una delle poltrone dell’Oper Köln; mi resta comunque il piacere e la fortuna di aver assistito a due concerti di Jarrett dal vivo, entrambi nel 1996: in trio con Gary Peacock e Jack DeJohnette (per quello che è, a parere di chi scrive, il più bel trio jazz per pianoforte, contrabbasso e batteria) a Umbria Jazz e in “solo” a Napoli.
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