di Claudio Cupellini, con Toni Servillo, Marco D’Amore, Francesco Di Leva, Juliane Köhler
Barbari invasori al contrario. Ora siamo noi, per tremenda nemesi storica, nella parte dei lanzichenecchi che risalgono il rubicone. I camorristi in fuga e quelli in missione di morte. E la Germania a guardare anzi a subire le trame shakespeariane dei sanguinari terroni. Parla più o meno di questa antica e nuova barbarie “Una vita tranquilla”, con Toni Servillo che interpreta Rosario, capace di cambiare vita e latitudini con la grazia di Hannibal Lecter.
Il Toni nazionale sarà pure bravo bravissimo ma stavolta, diretto da Cupellini, non trova nel guardaroba una faccia nuova, un’espressione o un tono di voce (tedesco a parte) che non sia rapportabile, uguale uguale, a personaggi di altri film. Gorbaciof, Titta Di Girolamo, Tony Pagoda, lo stakeholder di Gomorra, il compassato commissario della Ragazza sul Lago. Ognuno di loro sembrava tornare qua e là. Impressioni.
A girare alla grande sono invece i due pitbull, i cani ‘e presa; attori giovani presi “dalla strada” ma già con una discreta gavetta teatrale in curriculum: Marco D’Amore e soprattutto, eccezionale, Francesco Di Leva, nella parte del killer. Giallo di lampade, che si lava le mutande, tira piste di coca larghe come le highways di Los Angeles e ruba le donne ai crucchi. Col dovuto rispetto per il principe Servillo, il Marc’Aurelio del festival di Roma doveva vincerlo Di Leva. E’ lui che prende per la gola il film e lo rende imperdibile per gli amanti del genere.
Autore: Alessandro Chetta