Malgrado una lunga attività alle spalle come musicista e sperimentatore sonoro, Scimmie è il primo disco che il cosentino Luigi Porto pubblica a proprio nome; ricordiamo con i suoi interessanti lavori giovanili in solitaria col nome di Appleyard College, dei quali recensimmo Look at Me nel 2007 – leggi qui: https://www.freakoutmagazine.it/?p=28327 – e riusciamo ad intravedere con essi, in questo nuovo album dalla copertina rossa, una linea di continuità di fondo ma anche idee più chiare, esperienza, ambizione e sicurezza maggiori. Il sottotitolo del disco recita: ‘dalla colonna sonora de l’Apocalisse delle Scimmie di Romano Scavolini‘, ed infatti i 10 brani qui contenuti sono stati pensati per sonorizzare il monumentale, atteso horror del regista di Fiume attivo dagli anni 60, opera che a quanto pare avrà la durata di 9 ore divise in tre volumi, ad ogni modo non pensata per il tipico percorso commerciale delle sale cinematografiche, e di cui è possibile reperire qualche impressionante clip anticipatoria in rete.
Luigi Porto è un musicista totale che va oltre la semplice composizione/esecuzione, introducendo un minuzioso lavoro di cut-up da sperimentatore, farcendo le proprie composizioni con frammenti registrati in presa diretta anche nella quotidianità, allargandosi fino alla musica concreta di inizio 900 e giungendo senza perdere la bussola ed una logica della sintesi a precisi percorsi emozionali in cui il contrasto, il corto circuito, lo shock e la sorpresa tra suoni e generi gioca un ruolo importante.
Luigi Porto sembra farsi beffe della rigidità dell’Accademia ed al contempo rimanere vicino al rigore dei grandi maestri, lavorando molto su suoni di ogni tipo tra quartetto d’archi, polifonia sacra, percussioni brasiliane, minimale, orchestra, hip-hop, canti popolari, coro gospel e soundtrack, ogni cosa entra nei brani di Scimmie con accostamenti imprevedibili e dal notevole effetto sulla percezione ma ogni elemento è asservito ad una costruzione più ampia, perdendo la propria identità e divenendo qualcosa di diverso, una scheggia, un mattone; solo in parte sfuggono alla regola il trip-hop ‘Distaste II‘ con il rapper newyorkese Mr.Dead alla voce e la bella Ave Maria cantata da Carmen D’Onofrio in russo – ‘Bogoroditse Djevo‘ – che ovviamente stanno in piedi da sole come episodi e singoli.
Per fare ciò Porto deve allontanarsi dalla forma canzone classica che pure ha dimostrato di non disdegnare nel suo passato e nel suo presente di musicista – ricordiamo a tal proposito la produzione avantpop con i geniali Maisie, sempre su etichetta Snowdonia, dei quali a breve uscirà un nuovo album… – e dedicarsi ad una forma musicale libera da schemi, ed ecco dunque l’abbandono al sogno pinkfloydiano di ‘Distaste‘, di cui la malvagia ‘Scimmie Ouverture‘ – con una lettera di un kamikaze giapponese cantata in latino da un coro gospel – fa da contraltare, i temi stravinskijani turbati da frammenti sonori inquietanti nello straordinario percorso ‘Nel Parco‘, i ricchi collage intitolati ‘Cecilia o la Danza Spinata‘ con la partecipazione del cantante Rudi Assuntino e ‘Casal Bruciato‘.
‘Monodia del Pusher‘ invece ricrea le atmosfere classiche della sonorizzazione per scene thriller dei grandi maestri italiani degli anni 70, con pianoforte ed orchestra.
Scimmie è un disco che richiede dedizione per essere apprezzato ma non è opera troppo ostica; lascia tuttavia la sensazione che alcuni temi rimangano mosaici ricchi ma ad ogni modo particolari di composizioni più grandi non del tutto efficacemente sviluppate. Disco importante, frutto di grande apertura mentale e libertà espressiva.
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